A cura di Ado Gruzza.

 

 

Alla fine dell’impero sovietico, L.S. Dvorkin un tecnico russo che si occupava di allenamento (pesistica olimpica) giovanile scrisse di un esperimento straordinario, che probabilmente a causa dell’imminente crollo di quel sistema politico, finì nel dimenticatoio.
Finché non mi capitò tra le mani.
 Leonid Dvorkin ha scritto un’enormità di articoli sull’allenamento giovanile della pesistica (dai 14 ai 19 anni per intenderci) e il suo lavoro più famoso è quello in cui si confronta l’uso esclusivo di 1 zona d’intensità (70,80 o 90%) per diverse fasce di età.

Nell’esperimento si parte da un presupposto: un programma di allenamento della forza considerato ottimale per atleti della categoria Juniores. Programma molto sensato, molto sovietico, molto funzionale. Molto semplice. Si basa su 2 sedute settimanali per lo Squat alternando 3 intensità diverse con un pattern fisso di serie e ripetizioni.

A) 70% 4 x 5 serie. Totale 20 ripetizioni.
B) 80% 3 x 5 serie. Totale 15 ripetizioni.
C) 90% 2 x 5 serie. Totale 10 ripetizioni.

Tutto qua. Molto spesso ci figuriamo carichi e volumi esagerati per i tecnici di oltre cortina, mentre in realtà, vediamo cose molto moderate e sensate da allenatori del calibro di Vorobyev, Medvedyev e compari. Ricordiamo che questo è un protocollo per pesisti olimpici, che compiono in allenamento un gran numero di accosciate nell’esercizio di girate, strappi, squat frontali eccetera.
In pratica le sedute A leggere (70% del 1RM) fungono anche da costruttore di volume, alternandosi con sedute medie e pesanti.
Il più classico dei classici.
Così appaiono le prime settimane del ciclo di allenamento di Back Squat:

 

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Al gruppo sperimentale viene proposto di fare, a specchio, questo programma di allenamento però esattamente con il 20% in più.

Quindi:
A) 90% 4 x 5 serie. Totale 20 ripetizioni.
B) 100% 3 x 5 serie. Totale 15 ripetizioni.
C) 110% 2 x 5 serie. Totale 10 ripetizioni.

 

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Risulta evidente anche ad una capra di montagna che è impossibile compiere questa sequenza di allenamenti. Infatti, il testo tradotto male e frettolosamente parla di un ‘technical device’ cioè, sostanzialmente, di un supporto che toglie peso all’atleta per completare l’alzata.
Un supporto (non meglio precisato) che toglie peso e che calcola quanto peso sia stato tolto.
Morale della favola: tutti i partecipanti alla fine del protocollo di 8 o 9 settimane sono stati in grado di compiere almeno una delle 5 serie da 2 ripetizioni al 110% senza alcuna assistenza e praticamente tutte le 5 serie da 4 al 90 percento.
In questo periodo sto facendo, per quanto il tempo libero me lo consente, parecchi esperimenti sull’allenamento. Partendo da questa base ho deciso di aggiungerne un altro. Ho provato a storicizzare l’esperimento Dvorkin.

 

 

Per quanto l’idea (per diversi motivi) mi ispirava, si tratta sempre di un esperienza fatta in unione sovietica circa trenta anni fa, in tutt’altro contesto. Questo sicuramente richiedeva un’applicazione fattibile oggi.

Ho scelto 12 partecipanti, molti dei quali tra il gruppo AIF People di Facebook. Gruppo di allenamento riservato a chi è diplomato al Corso Istruttori FIPL, in cui i soggetti postano loro video di allenamento e sono corretti e suggeriti dai nostri Docenti.

Per l’esperimento ho scelto persone che avessero un livello minimo tecnico sufficiente, per lo più soggetti che non gareggiano nel Powerlifting e per la maggior parte poco più che principianti. Qualcuno agonista però nessun top level. Volutamente. Ci sono tra l’altro ragazzi giovanissimi, ragazzi di 25 anni e persone di oltre 40 anni.

Ho chiesto loro di svolgere 2 settimane del programma di base senza assistenza (la prima tabella) e mandarmi video delle alzate al 90 percento. In base a come gestivano questo carico sono entrati o usciti dal programma.

Ho applicato il programma a Squat e Panca piana soltanto.

Ho normalizzato le % in questo modo: 90% 4 x 5 serie, 97,5% 3 x 5 serie, 105% 2 x 5 serie. Perché ho creduto che nel nostro contesto fossero più realistiche.

Al posto del misterioso Technical Device ho chiesto che i soggetti avessero uno spotter intellingente e affidabile, sempre quello. Ho chiesto che lo spotter assistesse l’alzata in una maniera specifica molto precisa e non un semplice cheating assistito. Al contrario.

Il protocollo terminerà per tutti tra questa e la prossima settimana. Ho già delle indicazioni che fanno venire l’acquolina in bocca.

 

 

I risultati saranno presentati al prossimo seminario del 21 maggio che terrò a Roma.

Tutta questa introduzione per dire una cosa semplice. 
Ci sono le mode. Così nell’intimo femminile come nel Powerlifting. Alcune di queste mode nascono da spunti sensati ed interessanti, altre sono solo mode, dettate da casuali o ricercati posizionamenti in bella vista di talune metodologie o semplicemente da cattive analisi collettive.

Ovviamente il ‘come ci si allena oggi’ diventa oggetto di mode. Lo stimolo incrociato di tanti atleti che scambiano (più o meno volontariamente) opinioni attraverso la rete, inevitabilmente crea un’idea comune.
Dentro questa idea comune ci sono alcune idee interessanti e tante (la parola COMUNE storicamente raramente si affianca a qualcosa di particolarmente illuminato) dettate dalla moda o da una cattiva interpretazione popolare di questo o quel risultato.

Così come un laureato in letteratura Italiana deve conoscere Dante, Petrarca e Boccaccio, allo stesso modo un giovane coach deve conoscere il metodo sovietico. Parlo proprio della metodologia usata nella pesistica olimpica negli anni dell’impero sovietico. 
Argomento che ogni buon coach deve conoscere a menadito, per poi magari decidere di fare dell’altro (come il sottoscritto) o integrare con altro (come il sottoscritto) o alternare con altro. 
A velocissima premessa dobbiamo dire che in Unione Sovietica (mentre scrivo mi viene il dubbio che qualcuno delle nuove generazioni non sappia nemmeno cosa fosse perché nato in un’epoca in cui già era un ricordo) c’era un fortissimo investimento statale verso l’allenamento della Pesistica, perché (erroneamente) il prevalere negli sport olimpici era visto come un’esaltazione della struttura sociale comunista.
Per cui persone di altissimo spessore culturale come il professor Arkady Vorobyev venivano occupate nello studio della miglior metodologia di allenamento.

 

Facciamo allora un ripasso veloce. Il metodo sovietico si basa essenzialmente su tre punti cardine:

1. Alternanza dei carichi.
I carichi sono variabili. Non si ha uno sviluppo lineare, facilmente intelligibile, quanto piuttosto un’alternanza di sedute molto impegnative, mediamente impegnative e poco impegnative.

2. Le ripetizioni sono razionalizzate.
Partendo da Prilepin o da Rodionov, il numero di ripetizioni è scelto e predeterminato per ogni zona di intensità. Le ripetizioni ottimali non sono ritenute le massime possibili per un dato peso. Al contrario, è ritenuto che esista un numero ottimale di ripetizioni (generalmente non massimale) che permetta al soggetto di avere incrementi più stabili e soprattutto più duraturi nel tempo. Infatti: la questione motoria è alla base dell’allenamento. La domanda non è quanto fare. La domanda diventa ‘come’ fare.

3. Occorre costruire una base importante di lavoro con carichi tra il 70 e l’80% del massimale.
Una grande parte delle ripetizioni totale svolte sono spese in questa zona di intensità. Attenzione, tutte le zone di intensità dal 50 al 100% sono importanti (a secondo dei risultati dell’esperimento Dvorkin forse anche qualche punto in più) però, secondo i tecnici sovietici, per svariati motivi (che tratteremo a Roma) questa è la zona in cui un atleta deve restare più a lungo.

 

Potremmo aggiungerne un 4° in cui si specifica che l’uso delle varianti dell’esercizio gara è massiccio ma specifico. L’esercizio deve aiutare (a livello motorio) il miglioramento del gesto gara, e non essere un mero lavoro muscolare. Potremmo aggiungerne una 5° sostenendo che, essendo basato sull’apprendimento motorio, la frequenza era un dato fondamentale. Potremmo aggiungerne un 6° un 7° e così via. Perché davvero tanti sono i punti di questa metodologia che andrebbero approfonditi.

Anche e soprattutto nella fase di taper (il periodo immediatamente pre gara) la scuola sovietica ha dato il suo massimo, razionalizzando uno sviluppo di % tali da portare l’atleta al massimo della forma quando davvero conta.

 

Ho sempre pensato fosse estremamente interessante capire cosa questi atleti facessero al di là delle alzate olimpiche, che hanno una dinamica così specifica da renderne molto specifico (anche se poi non è del tutto vero) anche l’allenamento. 
In più, c’era un tempo in cui anche i pesisti dovevano fare tanti esercizi di muscolazione stile Panca piana, perché fino al 1972 era in vigore un terzo esercizio: la Distensione in piedi.

Tre programmi

 

 

Ecco tre esempi di programmi provenienti da quel mondo, molto diversi e con un comune denominatore.

 

Distensione in piedi o Military Press

 

Una settimana tipo secondo Arkady Vorbyev.

Giorno 1.
Nella prima parte della seduta.
Distensione in piedi: prendi 10 o 15 kg meno del massimale e fai 2 x 5 serie
Alla fine della seduta. Parallele con peso 5\6 serie x 5\6 ripetizioni.

Giorno 2.
Prima parte. Distensioni in piedi: come giorno 1.
Fine seduta. Distensioni presa stretta o media 3\4 serie x 2\3 ripetizioni.

Giorno 3.
Prima parte. Push press 2 x 5 serie. Fine seduta. Panca inclinata.

Giorno 4.
Panca piana pesante fino ad un 1RM del giorno.
Fine seduta. Distensione dai cavalletti 3\4 x 4\5 serie.

 

Squat Frontale

 

Questa è una bella programmazione, molto geometrica per lo Squat frontale.
Ripresa da un appassionato americano che applica la metodologia sovietica.
 Ovviamente potete invertire il Back Squat con lo Squat frontale e farla diventare una bella programmazione per il Back Squat.

Settimana 1
Lunedì: Squat frontale 75% 3 x 5 serie
Mercoledì: Back Squat 70% 2 x 5 serie
Venerdì: Squat frontale 80% 3 x 5 serie

Settimana 2
Lunedì: BS 70% 2 x 5 serie
Mercoledì: SF 85% 2 x 5 serie
Venerdì: BS 70% 2 x 5 serie

Settimana 3
Lunedì: SF 85% 3 x 5 serie
Mercoledì: BS 70% 2 x 5 serie
Venerdì: SF 90% 1 x 5 serie

Settimana 4
Lunedì: BS 70% 2 x 5 serie
Mercoledì: SF 90% 2 x 5 serie
Venerdì: BS 70% 2 x 5 serie

Settimana 5
Lunedì: SF 95% 1 x 5 serie
Mercoledì: BS 70% 2 x 5 serie
Venerdì SF MAX!

Una caratteristica di questi programmi è che permettono all’atleta di entrare nel groove delle alzate con calma, e si presenta sempre una fase di adattamento importante.

 

Back Squat

 

 

 

Per chiudere, una programmazione simile però molto più complessa, meno geometrica e molto più difficile da interpretare. Questo è un programma per il Back Squat. Ci sono quattro o più sedute settimanale tra Back e Front. Se non indicato si tratta di back squat.

Settimana 1
Lunedì: 75% 4 x 2 serie
Martedì: 80% 3 x 3 serie
Giovedì: 75% 3 x 3 serie
Venerdì: Squat frontale 75% 3 x 3 serie
Sabato: 80% 3, 85% 3 x 1 serie

Settimana 2
Lunedì: 80% 4 x 4 serie
Martedì: 80% 3 x 1 serie
Mercoledì: Squat frontale 80% 3 x 1 serie
Venerdì: 80% 4 x 2 serie
Sabato: 80% 3 x 3 serie

Settimana 3
Lunedì: 80% 4 x 2 serie
Martedì: 80% 3 x 3 serie
Mercoledì: 80% 3, 85% 3, 90% 1 x 1 serie
Venerdì: 80% 4, 85% 4, 80% 4 x 1 serie
Sabato: 80% 3, 85% 3 x 1 serie

Settimana 4
Lunedì: 80% 3 x 1 serie
Martedì: 80% 4 x 2 serie
Giovedì: Squat frontale 85% 4 x 2 serie
Venerdì: 80% 3, 85% 3, 90% 1 x 1 serie. Eccetera.

 

 

Vediamo come in questo caso la frequenza sia molto elevata per il solo esercizio di Squat, malgrado il volume (in termini di numero di serie) sia piuttosto contenuto. 
Esistono anche programmi che puntano molto sull’accumulo di volume come il Maslaev del 1974 strutturato attorno a dei 5 x 5 pesanti, oppure la famosa routine di Zeinalov del 1976 la cui fase volumetrica culmina con un 6 x 6 serie.

L’istintivo, l’autoregolato, la casualità possono essere armi interessanti per un’atleta e un tecnico. Lo sono senz’altro se questi ha una base di conoscenza approfondita del lavoro classico sovietico a carico fisso e a % determinate, perché è il programma che deve portare l’atleta in condizione nel momento giusto e non la casualità. Diffidate delle cose troppo facili e di chi dice che la chimica non conta.

 

 

Caso Broz

 

Tornando alle mode: qualcuno si ricorderà il caso del 2010 di John Broz e Pat Mendez. Pat, atleta di Broz, arrivò a risultati eclatanti in poco tempo (nello strappo e slancio) utilizzando un’applicazione del metodo Bulgaro. Applicazione che era effettivamente interessante. In quel momento tutti gli USA cominciarono ad allenarsi così. Diventò una moda. Facendo danni.

John Broz, persona di grande carisma e arguzia, fu un mago e forse il primo a creare un virtual championship in cui i video del ragazzo rimbalzavano ovunque da Youtube. Mendez era sulla bocca di TUTTI i forum americani che trattavano di pesistica come il caso dell’anno. 
Capitò poi che Mendez fu testato e BECCATO. Perché la Federazione americana di pesistica (non quella di powerlifting) fa davvero sul serio con l’antidoping. Beccato una volta e poi pure una seconda volta.
Boom! Finito nel dimenticatoio, sparito. Da ‘unico metodo sensato per allenarsi’ al nulla più totale.
L’idiozia di questa cosa è triplice: uno, era evidente da subito che il ragazzo non fosse natural. Aveva movimenti sbavatissimi, che oggi forse chiameremmo (sbagliando) molto personali. 
Due, gli stessi esaltati da questo metodo ora seguono con la stessa fiducia altri atleti che SEMPLICEMENTE NON VENGONO TESTATI. Per cui non saranno mai beccati.
Terza cosa, il metodo applicato da Broz era davvero interessante. Bastava leggere tra le righe e dare il giusto peso ai risultati. Non era una divinità prima, non è una schifezza dopo.

Ecco, questo per dire che la gente fatica a leggere, analizzare, interpretare i risultati.
Prendiamo il buono che c’è dalle metodologie nuove, pur sapendo che dietro nuovi esorbitanti risultati c’è spesso più lassismo di controlli, o più difficoltà nel farli.

 

 

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