A cura di Alessandro Camparsi.

 

Nel recente passato mi è capitato diverse volte di osservare sia nelle palestre che nei gruppi Facebook un numero sempre crescente di ragazzi che muovono i primi passi nel mondo del powerlifting. Questo fiorire di aspiranti powerlifers ha portato alla luce dinamiche nuove nell’apprendimento delle alzate. Ha attirato la mia attenzione il fatto che questi ragazzi sono soliti inserire in modo massiccio nei propri allenamenti alcune varianti delle alzate di gara, senza davvero sapere perché lo stiano facendo.

Sono fermamente convinto che chi vuole affrontare uno sport con velleità agonistiche farebbe davvero bene a farsi seguire da un coach esperto che possa indicargli la strada e scegliere cosa è meglio per lui in ogni fase della sua crescita. Del resto: chi andrebbe sul ring senza aver prima avuto un “maestro” di pugilato? Senza dubbio un numero estremamente limitato di persone.

Al fine di dare una indicazione a chi vuole iniziare a sviluppare coscienza di ciò che sta facendo, ho deciso di buttare giù una traccia con la mia idea su questo interessante argomento. Questa idea si è evoluta nel corso degli anni, in cui ho avuto occasione di formare diversi atleti (qualcuno anche di buon livello) partendo dallo ZERO ASSOLUTO e di osservare atleti ed allenatori nel panorama del powerlifting nazionale (ma non solo).

 

I principianti

 

Per un principiante la priorità assoluta è senza dubbio quella della costruzione del movimento. Tipicamente infatti, chi viene dal fitness o da una vita sedentaria ha una propriocezione di sé e del bilanciere insufficiente per un’esecuzione sicura ed efficace delle alzate.

Il mio approccio è quello di costruire l’atleta impostando dei movimenti inizialmente “scolastici”, per far sì che l’atleta impari i concetti base che vado ad elencare.

 

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Per lo squat, la prima cosa da fare è il posizionamento del bilanciere sulla schiena. Imparare fin da subito un corretto e saldo incastro renderà tutto più semplice per quando i carichi si faranno consistenti.

Per la panca, a chi è completamente estraneo a concetti quali il controllo del movimento delle proprie spalle e scapole, consiglio caldamente esercizi come pull aparts e aperture sopra la testa con elastici che sono indubbiamente propedeutici ed utili per scaldarsi.

Un’ottima scelta per un principiante, sono le varianti a TUT rallentato: discesa lenta in squat e panca, salita lenta nello stacco. Queste varianti permetteranno di aumentare, via via che passano le settimane, la sensibilità alla posizione del proprio corpo, del bilanciere nello spazio e di iniziare ad elaborare delle soluzioni motorie da applicare alle alzate.

Lo stacco dai blocchi permetterà inoltre di semplificare i possibili problemi che un neofita assoluto potrebbe incontrare staccando da terra, qualora ve ne fosse bisogno. Il box squat infine, può dare un valido riferimento per la profondità ottimale, dando così modo al nostro aspirante powerlifter di maturare la sensibilità sulla profondità necessaria.

In questa fase è fondamentale che l’atleta utilizzi dei carichi che sia in grado di gestire senza preoccuparsene eccessivamente, consentendogli di concentrarsi maggiormente sul movimento.

Molto importante è non lasciarsi trasportare troppo dalla smania di muscolare e lasciare il compito diaumentare il tonnellaggio e mantenere/costruire la massa agli esercizi complementari. Quindi via libera a: pressa, lat machine o trazioni, affondi , chest press, addominali (possibilmente in isometria), iperextension, shoulder press e chi più ne ha più ne metta. Sempre, chiaramente, dosate in modo da non bruciare il corpo ed il sistema nervoso.

Superata la fase iniziale in cui il lavoro può essere anche solo di tipo “didattico”, è comunque necessario mettersi alla prova con i movimenti di gara. Di settimana in settimana, potrete valutare i vostri progressi e confrontarvi con quello che è l’alzata “vera”. Emergeranno i problemi che avete (vuoti di spinta/tensione, traiettorie sbilenche, ecc.) ed analizzandoli dovrete poi cercare di sistemarli maturando.

Gli intermedi

 

Questa è la parte più interessante. Una volta messe le fondamenta sulle alzate infatti, i movimenti andranno consolidati con carichi via via più impegnativi.

Sono, come molti sanno, un fervente sostenitore del “metodo nonno di Heidi”: sarà molto difficile che i vostri massimali migliorino a coccole e carezze una volta raggiunto un livello intermedio. Quindi non adagiatevi in quella che oggi va di moda chiamare la “comfort zone”.

Per dare un riferimento numerico alla fine della fase “coccole e carezze” possiamo prendere quella che nelle gare organizzate da noi Vikings divide gli atleti tra Class A e Class B: un wilks di circa 320 punti.

A questo punto, se avete fatto le cose bene quando eravate principianti, i movimenti sono già in parte costruiti. Ora vanno consolidati.

Squat

 

 

Una delle cose che più fanno la differenza in un buono squat raw, secondo la mia visione, è un’ottima gestione della negativa. La fase negativa del movimento deve essere dinamica e controllata dal core, non rallentata da uno sforzo attivo della muscolatura delle gambe. I TUT rallentati andrebbero quindi eseguiti anche con carichi importanti per far sì che il corpo sia obbligato ad una gestione il più possibile efficace. Carichi tra il 70% ed il 75% fanno al caso vostro.

Il fermo in buca, anche lungo 3 o 5 secondi, vi consentirà di “sentire” di essere effettivamente centrati nella pianta del piede. Più sarete centrati e più fare il fermo vi risulterà “facile”. Anche qui, carichi del 70%-75%. Più sarete bravi e più riuscirete a gestire efficacemente carichi alti, che però, devono essere sfidanti per permettervi di migliorare.

Il fermo subito prima della buca è ottimo per insegnarvi a gestire la parte finale della discesa in modo dinamico, per poi reagire vigorosi, senza rallentamenti inutilmente dispendiosi nella parte finale della discesa. Dovrete costringervi a ripartire in modo dinamico e reagire con veemenza per poter usare i carichi che vi suggerisco: quando riuscirete a fare una tripla con il 75% e la sentirete facile è molto probabile che abbiate capito cosa dovete fare, o perlomeno che abbiate trovato una soluzione sufficientemente efficace.

Il fermo subito fuori dalla buca è particolarmente sfidante per chi tende a “perdersi” subito dopo aver reagito in buca. Bisogna comunque partire vigorosi dalla buca: se rallentate eccessivamente nella parte finale della discesa e reagite in modo flebile, sarà decisamente faticoso fermarsi fuori dalla buca per poi ripartire con il 75% del vostro massimale in groppa.

I sovraccarichi progressivi (elastici o catene) vi insegneranno a sentire più “leggero” un peso importante sulla schiena, a gestire la negativa in modo più rilassato (visto che in basso sarete “scaricati”) e di continuare a spingere anche nella fase più alta del movimento. Può essere una ottima medicina per chi ha “vuoti di spinta” nella parte finale del movimento o tende a “mollare” superato un certo punto dell’alzata.
In tutto questo percorso le varianti devono rappresentare una quota che, seppur corposa, risulti limitata rispetto al volume allenante. Tutto ciò è infatti funzionale al miglioramento del gesto di gara.
Inoltre, bisogna tenere presente che si tende a diventare bravi in ciò che si fa, quindi a puro titolo esemplificativo, un abuso dello squat con il fermo in buca potrebbe causare una perdita di reattività nel momento dell’inversione del movimento. Questo discorso vale logicamente per tutte e 3 le alzate.

 

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Panca piana

 

 

La panca ha un ruolo molto particolare nella mia visione. Ritengo infatti che questa, tra le tre, oltre ad essere estremamente tecnica, sia l’alzata che giova forse più di tutte di una muscolarità importante nella sua versione raw (sia chiaro che i muscoli servono in tutte e 3). Ai recenti campionati di panca FIPL, ad esempio nelle categorie maschili, era davvero difficile vedere sul podio un atleta poco muscolato nella parte superiore del corpo.

Amo i fermi lunghi perché consentono di mettere alla prova la propria compattezza nel momento critico. Qui, se non avete ancora capito che non sono le braccia a dover sostenere il peso ma è la schiena a doversi sobbarcare questo onere, farete davvero molta fatica con carichi sostanziosi. Più peso dovrete scalare per allungare il fermo di qualche attimo, più dovrete concentrarvi sul tenere il petto alto e la schiena compatta perché non siete bravi a farlo.

TUT prolungati: come nello squat vale il discorso del core, per la panca vale il discorso della schiena. La discesa infatti non va controllata con i tricipiti. Un TUT prolungato dà l’opportunità di lavorare sul leg drive, sulla gestione della schiena e sull’aprire il petto. Più diventerete bravi in queste cose e meno fatica percepirete con una discesa lenta.
La panca a presa stretta ha delle grandi virtù: insegna a scendere bassi sul torace e ad accentuare la salita del petto per poterlo fare senza sciogliervi come neve al sole in basso. Così facendo potrebbe capitare anche che un dorsale in letargo inizi a risvegliarsi, oltre a dare una bella enfasi sui tricipiti che non danno assolutamente fastidio quando ci si ritrova a dover chiudere una alzata vicina al limite, specie in chi non ha leve favorevoli per questa alzata.

Per i sovraccarichi progressivi vale quanto detto per lo squat. Aggiungo che nella panca, quando “diventa difficile” bisogna assolutamente continuare a spingere senza uscire dalla traiettoria ottimale. Insegnare ai nostri amici tricipiti a trarci in salvo quando siamo nei guai è sicuramente una buona idea: qui non ce la caviamo con una bella schienata che tutte le feste porta via.
Board press: chiunque abbia fatto della panca geared ha fatto anche della board press. Nel raw l’utilizzo delle board ci consente innanzitutto di metterci alla prova tenendo in mano carichi impegnativi senza stressarci troppo a livello nervoso. Va tenuto anche conto del fattore “paura del peso”: le board danno senza dubbio un po’ di sicurezza in più oltre che, di nuovo, una bella strizzata ai tricipiti. Da raw sconsiglio di usare board troppo alte se non per lavori mirati e con una logica dietro (che qui non vengono affrontati): 4-6 cm sono più che sufficienti per permettervi di giocare anche con l’85-90%.

 

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Stacco da Terra

 

 

Sicuramente stacco classico e sumo hanno enormi differenze nella loro esecuzione. Vediamo le peculiarità delle loro varianti e a cosa servono.

Salita lenta al ginocchio+chiusura dinamica: un grande classico per migliorare la partenza. Il focus in questa variante va certamente posto nella gestione dell’appoggio a terra e al core compatto. Arrivati al ginocchio cercate di trovare le energie per chiudere l’alzata rapidamente con un movimento il più possibile efficiente e “breve”. Sarete stanchi e quindi varrà la pena non allungare inutilmente la strada allontanando il bilanciere dal bacino una volta superato il ginocchio.

Stacco dai blocchi: semplificano i problemi della partenza e consentono di acquisire feeling con carichi importanti senza cuocersi. Lavorare con carichi importanti probabilmente lenirà i vostri problemi di presa e vi consentirà di rinforzare la schiena che interviene in modo massiccio nella parte finale del movimento.

Elastico sulle anche: ho visto usare questo curioso metodo da un allenatore che voleva spiegare al suo atleta come attivare i glutei per avvicinare il bacino al bilanciere durante la salita. Inserire una resistenza esterna che tiri il bacino indietro può essere un’interessante variante per rinforzare questo aspetto cruciale dell’alzata.

Stacco con deficit: anche qui, un grande classico. Partire con un deficit vi obbligherà o a morire tirando di schiena ancora più dal basso oppure a spingere con le gambe. A voi la scelta.

Catene: specie nello stacco classico è importante non smettere di spingere nella parte finale del movimento e far tirare fuori gli artigli alla vostra schiena. Non più di un anno fa un ragazzo fortissimo di stacco e con delle ottime leve a furia di insistere sull’uso delle gambe si era quasi dimenticato come si usa la schiena per chiudere l’alzata. Sembrava la schiena gli fosse diventata di pasta frolla. Noi non vogliamo che ad uno stacchista, specie se regular, accada questo. Il lieto fine è arrivato a furia di battere su stacco dai blocchi e stacco con catene con un programma battezzato “schiena da dinosauro in 6 settimane”.

 

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