di Alexey Sidorovich Medvedyev (PhD)

traduzione a cura di Ado Gruzza



Abbiamo pensato di proporre questo articolo di Alexey Medvedyev, uno degli ultimi scritti reperibili della sua carriera di tecnico e studioso della pesistica.  Lo proponiamo perché riteniamo che questo scritto sia nella sua essenza importante. Malgrado la difficoltà di traduzione: questa è la traduzione di una traduzione dal russo all’inglese, non certo fatta con tutte le cure dovute alla grandezza dell’autore.  Ci sono inesattezze qua e là, senza dubbio figlie dei troppi passaggi di mano,  però resta uno degli ultimi articoli di Medvedyev, scritto alla fine degli anni novanta, in finir di carriera, da quello che è stato un grandissimo della scienza dei sovraccarichi.

Ribadiamo sempre come Medvedyev non sia studiato nelle nostre facoltà, non sia nemmeno conosciuto dalla stragrande maggioranza dei docenti nostrani, spesso confuso con Matveev, però la storia dice che quest’uomo, ha vinto e visto tutto. La grande carenza degli studi accademici, cioè la totale assenza di competenza pratica, non è certo imputabile a questo atleta campione del mondo, poi tecnico svariate volte campione del mondo e olimpici e poi metodologo e studioso di programmazione e tecnica.

Innumerevoli gli articoli tecnici e importantissima l’opera ‘Studio pluriennale sul metodo dell’allenamento del pesista’ considerata un punto centrale nello studio della didattica del pesista.

Medvedyev dagli anni sessanta, fino praticamente alla morte, ha visto, seguito, controllato, combattuto con tutti i più forti atleti della storia, in quanto a più ripresa allenatore della nazionale sovietica. Medvedyev è stato l’avversario di Abadjiev, il tecnico che ha rivisto il ruolo del piramidale e in particolare dell’uso eccessivo di carichi massimali. Tema che per noi è straordinariamente importante e che lo sarà sempre più nell’ottica dell’utilizzo dei sovraccarichi nella preparazione atletica.

La grande intuizione di questo metodologo, in antitesi totale con le idee del collega bulgaro, è stata sul ruolo del carico massimale e sul rapporto tra carichi e ripetizioni. Questo è uno degli ultimi articoli della sua carriera, e in questo si analizza la nuova svolta antidoping e la maniera in cui il tecnico debba possa ottimizzare le performance dell’atleta che noi chiameremmo natural. Inutile dire come Medvedyev sia il primo riferimento di tecnici del powerlifting russo come Sheyko in primis.

Uno dei motivi di quello che è stato il distacco in termini di conoscenza e metodo a partire dalla fine degli anni cinquanta rispetto al mondo occidentale fu questo signore. Uno dei padri del metodo distribuito, vedrete, leggendo tra le righe di questo articolo, la versione di chi ha intuito cose eccezionali. Alcune superate dalla storia, altre ancora una chimera metodologica, in un mondo dove i ‘grandi’ studi sulla periodizzazione sono condotti con tutta l’incosapevolezza di chi non ha mai visto un atleta di alto livello della forza in vita sua. Con buona pace di Kreamer, questo è l’esperto di forza. Per questo, questo articolo mal tradotto è così importante.

 

L’ESSENZA DELLA STRUTTURA DEL VOLUME E INTENSITÀ DI CARICO DELL’ALLENAMENTO DEL PESISTA SENZA L’AIUTO DI STIMOLANTI DELLA PERFORMANCE

di Alexey Sidorovich Medvedyev (PhD)


Al momento attuale la maggior parte degli autori ritiene che la composizione delle fibre muscolari dei muscoli scheletrici sia geneticamente determinata. Le moderne conoscenze del muscolo umano indicano che le fibre muscolari variano rispetto alla struttura, metabolismo e della funzione. I muscoli sono composti da diversi tipi di fibre regolamentate da rapporti specifici. La composizione delle fibre del muscolo differisce in base alla capacità metabolica e, pertanto, questa predetermina lo stato funzionale di un certo numero di sistemi del corpo umano. Il sistema endocrino delle persone i cui muscoli contengono il 60% o più di fibre del tipo I (fibre rosse a contrazione lenta) capaci di assimilare il glucosio dal sangue avrà esigenze diverse rispetto ai sistemi endocrini di persone i cui muscoli contengono molte fibre di tipo II (bianco , contrazione rapida) non in grado di assimilare il glucosio dal sangue.

La composizione della fibra muscolare (MF) ha un impatto diretto sul funzionamento dell’apparato respiratorio, cardio-vascolare, e su altri sistemi umani. La portata di capillarizzazione del muscolo scheletrico determina la portata di circolazione del sangue periferico, la reazione dei reni al carico fisico, e, di conseguenza, l’accumulo di metaboliti nel sangue.

Secondo i rapporti pubblicati il ​​contenuto di MF del tipo I nel corpo è 49,6 ± 1,1%, 34 ± 0,1% di tipo IIA  e il 16,2 ± 1,4% di tipo IIB. La maggior parte degli autori hanno concluso che l’allenamento della forza e velocità  non incide sulla composizione delle MF.

Attenzione però: l’allenamento contro resistenza non influisce sul contenuto di MF tipo I, ma provoca alterazioni al tipo IIB, al punto da renderle indistinguibili dal tipo IIA. Questi cambiamenti sono reversibili nel corso del tempo una volta che l’attività allenante cessa.

E ‘noto che gli steroidi anabolizzanti aumentino drammaticamente la sintesi proteica ​​in tutti i tipi di fibre muscolari e la capacità di recupero e rigenerativa del sistema; questo, a sua volta, contribuisce ad un miglioramento più “burrascoso” dei risultati rispetto a quelli in condizioni naturali.

Pertanto, la questione che si pone è ovvia: come ripensare i metodi di formazione allenante, al fine di evitare un decadimento del livello prestazionale negli atleti d’elite, in particolar modo alla luce della presenza dei severi e test antidoping contemporanei?

Il principale punto di riflessione è che il volume totale, intensità e la struttura generale dell’allenamento devono essere organizzati in modo da sviluppare principalmente un ambiente anabolico che acceleri i processi rigenerativi durante le fasi di allenamento.

Questo attraverso una razionale presa di coscienza delle tipologie fibre muscoloscheletriche. In primo luogo cercando di rispettare la proporzione innata di queste.

Facciamo un passo indietro, in epoche in cui non si conosceva dell’esistenza di steroidi anabolizzanti.  Suggeriamo che un’analisi di questo periodo e un confronto di esso alla moderna metodologia, rispetto a parametri di carico fondamentali, sicuramente ci aiuterà ad arrivare a raccomandazioni più concrete rispetto ad un ragionevole organizzazione del processo di formazione dell’atleta.

L’analisi di una pianificazione, della durata di 8 settimane, di atleti di altissimo livello degli anni ’60 conparata con quella degli anni ’80 (AS Medvedyev, et al, 1990) ha mostrato che vi sono stati aumenti statisticamente piuttosto affidabili nel volume totale di carico. Tuttavia, tutti i criteri e parametri di intensità del carico erano stabili. Quindi, siamo in grado di formulare la prima conclusione che non vi è stato un significativo cambiamento nei criteri comunemente noti e nei parametri di intensità in questa fase di 30 anni.

Tuttavia, lo studio ha rivelato che il volume totale di carico negli anni ’80 è aumentato del 40% principalmente attraverso Squat e Tirate, e che il volume nello strappo e nell’esercizio di slancio, quelli che in buona sostanza hanno un impatto diretto sui risultati competitivi sono rimasti praticamente invariati.

In pratica, attraverso queste informazioni, la nostra seconda conclusione sarà che l’uso diffuso di steroidi anabolizzanti ha portato ad una crescita enorme dei risultati di sollevamento pesi, e che questo miglioramento è razionalizzabile (analizzando in concreto i piani di lavoro del trentennio dal 60 fino alla fine degli anni ottanta) in un aumento significativo di Squat e Tirate.

 

FIBRE TIPO IIA

E’ noto che le MF veloci tipo II sono stimolate con intensità del 70-100 percento. Allo stesso tempo, sappiamo bene come queste si affatichino rapidamente; la circolazione del sangue in esse è molto debole, la densità del letto capillare è piuttosto bassa, come ridotto è anche il contenuto in mioglobina, mitocondri ed enzimi ossidativi. Pertanto, i moderni pesisti dovrebbe allenare le MF tipo I ed in particolare le fibre muscolari di tipo II A, perché i neuroni motori che innervano queste fibre hanno una elevata eccitabilità e le fibre hanno una buona circolazione sanguigna. Tenendo presente come l’allenamento coi sovraccarichi stimoli una ‘trasformazione’ da fibre IIb a IIa, le prime percentualmente più sviluppate nel sedentario.

Ripensiamo agli atleti ‘senza chimica’ dei primi anni ’60.

Il volume delle alzate nella zona d’intensità inferiore al 70% (con 4-5 allenamenti alla settimana) rappresentava il 52% del volume totale di un ciclo di formazione di otto settimane. Ad esempio il 46% per il campione olimpico di Roma 1960 Y. Minayev (60 kg) e il 75% per il campione olimpico del 64  L. Zhabotinsky della categoria pesi massimi.

Questa stessa zona d’intensità rappresenta solo il 41% per i pesisti degli anni ’80, ed è solo il 29% per il pesista russo del quadriennio olimpico attuale.

Prendiamo l’esempio di due Supermassimi recordman mondiali: nei soli esercizi da gara l’intensità media per Zhabotinsky nel 1967 fu del 80% quando ha stabilito il record del mondo nel triathlon (strappo, slancio e press) di 590 kg. Dieci anni dopo V. Alexeyev (1976, 1977) utilizzava un carico medio corrispondente al 66,1% in tutti gli esercizi da gara dal 30 al 70%; del 28,6% dal 71-100% e 5,3% nella zona d’intensità superiore al 100%, rappresentata in gran parte da tirate e squat.

In relazione a questo dato, crediamo sia importante spendere due parole sulle alzate superiori o uguali al 90% negli esercizi competitivi. Quando Alexeyev (o Alekseev dipende dalla traduzione dal cirillico n.d.r) stabilì il record di 595 kg nelle tre alzate, il numero di sollevamenti al 90% era il 22% per il ciclo preparatorio.

La stessa cifra è scesa al 7 percento (vale a dire, a un terzo del totale precedente) quando superò il totale di 600 kg. Se questo dato non è sufficiente a comprendere il trend, non ha letteralmente compiuto alzate oltre il 90% durante le pianificazioni dei record mondiali di 630 e 635 kg. Questa scelta tecnica non rappresenta una peculiarità del solo V. Alekseev, malgrado fosse un atleta dalle enormi masse muscolari.

Ad esempio colui che vi scrive questo articolo non ha mai superato in allenamento le alzate di entrata in gara, ed in ogni occasione è stato in grado di superare questo risultato di cinque, dieci o più chili.

L’esperienza ha dimostrato che il numero di alzate (NL) nella zona oltre il 90% debbano essere meno in relazione alla massa corporea dell’atleta. Più un atleta ha masse importanti e neno questa zona di carico debba essere stimolata. Il campione olimpico Leonid Zhabotinsky fatto 3-5 alzate nella zona del 90% e non oltre, nel corso del mese prima di una gara.

 

Nella seconda parte proporremo un’analisi specifica del Back Squat, del volume di ripetizioni per serie negli esercizi di Strappo e Slancio e le conclusioni proposte dall’autore.