A cura di Valerio Saronni.

 

Tutte le foto per gentile concessione dell’autore.


27 anni.
Fighter professionista. Insegnante di SDC. Istruttore a 360°.
Il mio lavoro spazia dalla semplice sala pesi alla sala ”Functional”, passando per i clienti privati.

Da dove vengo? Nuoto, sci, mountain bike, le più svariate discipline e naturalmente “palestra”. Ho praticamente sempre fatto sport dedicandovi un sacco di tempo e competendo ovunque fosse possibile. Evidentemente in nessuna di queste discipline sono diventato un campione, ma ho avuto comunque belle soddisfazioni.

Manca nel mio CV la laurea in scienze motorie, da molti considerata un must, da altri una totale perdita di tempo: per me un opportunità che spero di poter cogliere a partire dal 2015.
Fortunatamente il lavoro c’è e anche i match, di conseguenza il tempo è tiranno.

Perché queste righe? Perché quello che ho da dire, intelligente, condivisibile, interessante o meno che sia, è frutto del mio percorso e penso che molti, in ambito sportivo, abbiano un excursus simile al mio. Seppur diverso nello specifico.
Tengo a sottolineare che per natura non rimpiango – né tantomeno denigro – quello “che fu”. Molti, anzi quasi tutti, dopo aver “scoperto” e adottato certe scuole di pensiero e verificato gli innegabili risultati, tendono a denigrare completamente ciò che fecero prima; e soprattutto chi glielo insegnò.

E’ vero: il mondo sportivo, sopratutto in alcuni ambiti, vede oggi un’evoluzione impressionante grazie a personaggi che non si sono fermati alle tradizioni.

L’allenatore di nuoto usava la leg extension e la pectoral machine come test di forza, non esisteva lavoro aspecifico e men che meno una periodizzazione precisa in funzione degli impegni agonistici. Quello di sci mi ammazzava alla smith machine e in palestra consocevo solo monofrequenza allo sfinimento con stripping, forzate, rest pause, ecc…
Insomma, ci siamo capiti.
Qui dovrei cominciare a smontare pezzo per pezzo i vari errori, ovvero tutto ciò che – alla luce di quanto imparato – giudico come sbagliato. Certo se avessi fatto “Lo Squat” e se… Ragazzi non c’è tempo.

Chi nella vita mi ha allenato ha lasciato qualcosa dentro e ha contribuito alla mia formazione umana. Senza contare che tutti, chi più chi meno, hanno portato me e altri a risultati importanti e in alcuni casi di assoluta eccellenza.
In fondo mi sono divertito, e per quella che era la mia testa… Raggiunsi i miei obbiettivi. Con il passare del tempo, i punti di vista, gli obbiettivi e i termini di valutazione cambiano. Io ho azzerato tanto, tantissimo e cambiato altrettanto ma non per questo di fronte a certe situazioni penso sia giusto assumere l’atteggiamento di: “SVEGLIA! QUESTA E’ LA VIA E VOI NON CAPITE UN C***O.”

La maggior parte delle cose è in divenire. Si può solo tenere il passo senza aver paura di dover ammettere un giorno di essere nel torto.
Come oggi reputo sbagliate determinate cose, non è detto che in futuro non faccia altrettanto con quanto pratico e penso in questo momento.

A chi potrebbe interessare la mia esperienza? Potremmo individuare due macro-categorie riguardo gli SDC: da una parte il corso bisettimanale senza velleità agonistiche e dall’altra chi, per intensità o frequenza, dedica tempo ed energie che vanno ben oltre il “mi sfogo dopo una giornata davanti al pc”.
Piacevole svago contro ardente e totalizzante passione.

Mi rivolgo certamente al secondo gruppo, a chi ha del tempo da investire o comunque vede la propria disciplina come qualcosa di più di una semplice attività motoria.

 

 

Negli SDC, i pesi (e più in generale il conditioning), rappresentano il lavoro “aspecifico”, cioè quel lavoro che coinvolge le stesse catene cinetiche (“muscoli”) e gli stessi metabolismi energetici dell’attività specifica senza avere però un legame vitale o diretto tra le due cose. Questo aspetto è fondamentale: i pesi sono pesi, i pesi non sono persone, sollevare un peso non è uguale a sollevare una persona e viceversa.
Sollevare un peso con le dovute accortezze può indubbiamente aiutare/migliorare il sollevare una persona.
A patto che si spenda del tempo nel trasformare il lavoro fatto con i pesi nei gesti che si svolgono nella propria disciplina.

Ripeto, questo aspetto è fondamentale!

Un powerlifter, un weightlifter, uno strongman sono indubbiamente bravi/forti nel sollevare pesi e vincere delle resistenze importanti, ma questo non garantisce che siano altrettanto efficaci nel proiettare e nel colpire. Chiunque abbai vissuto un po’ di materassina o un po di ring avrà visto con i propri occhi uomini molto forti e ipertrofici far fatica a parità o superiorità di peso a proiettare o colpire in maniera efficace l’avversario.

A parità di ignoranza tecnica il “forte” avrà vantaggio ma, nel confronto con il forte nello specifico, non ci sarà praticamente partita. Sia chiaro che non ci tengo a prendere sventole da un powerlifter peso massimo o da un lanciatore del peso!

Il rapporto tra lavoro specifico e aspecifico è davvero un punto fondamentale che stabilisce come utilizzare il tempo a disposizione. Sei un fighter/lottatore molto motivato ma appena entrato negli SDC? Bene, lascia stare il conditioning. Perché? Non serve? Certo che serve, ma un principiante senza un massiccio lavoro tecnico e la dovuta esperienza non sarà mai in grado di esprimere il 100% della sua “condizione”.

Questo vuol dire che se aumentasse il suo conditioning non farebbe altro che aumentare la percentuale di capacità inespresse.
L’atleta/allievo si sentirebbe meglio ma la sua resa non ne gioverebbe.
Per un neofita il miglior modo per essere efficace nel tirare il diretto è tirare il diretto.

 

Se sei alle prime armi, dedica il 110% del tuo tempo alla tua disciplina e nel caso tu fossi un insegnante… Non perdere neanche un secondo con attrezzi aspecifici! Condiziona i tuoi atleti, ma sempre e comunque con combinazioni di movimenti specifici alla disciplina. Vuoi migliorare nella boxe? Fai boxe. Vuoi migliorare le proiezioni? Fai proiezioni.

Se storci il naso e ti girano le balle perché sto affermando che prendere a martellate una gomma non servirà per migliorare il tuo Jiu Jitsu o l’efficacia del tuo Jab, prima di replicare pensa se il tuo obbiettivo è effettivamente quello di migliorarti nella tua disciplina o sei semplicemente desideroso di fare qualcosa percepito dalla società in un dato modo.

Magari tra qualche anno sarà dimostrato scientificamente che lanciare le freccette velocizza l’apprendimento di un determinato gesto specifico, ma fino ad allora rimarrò dell’idea che il principiante debba fare solo ed esclusivamente il suo.

 

Arrivano poi dei momenti in cui si sente di essere maturati, ovvero di aver completato una parte del proprio percorso tecnico capendo quali sono i propri punti di forza/debolezza, ma soprattutto si è capito che gli ulteriori step richiederanno tempo e saranno una naturale evoluzione della pratica.

Bene, questo potrebbe essere un buon momento per parlare di conditioning.
Si tratta di un qualcosa di molto soggettivo, ma bene o male tutti quelli che hanno una certa esperienza capiscono quando hanno completato uno step e il successivo non sarà solo questione di drills su drills – sempre fondamentali – ma qualcosa di più complicato e articolato. Potremmo descrivere questo momento come la percezione del raggiungimento di un livello tecnico pari a quello di altri in categoria (serie a, b, c, d, prima, seconda, colore cintura), dove effettivamente a far la differenza potrebbe essere qualcosa di più del puro lavoro specifico, che rimarrà comunque l’obbiettivo principale.

 

Reputo fondamentali, per questa fase, due fattori: tempo e denaro.
Tempo. Se sei uno tosto che però, per mille motivi, oltre ai tre giorni in palestra non ha altro da dedicare alla sua passione, ti sconsiglio di sacrificare una di queste tre giornate a favore di una o due di lavoro aspecifico.
Per esperienza personale, il lavoro aspecifico e la sua trasformazione in specifico – soprattutto per coloro che hanno una discreta esperienza ma non sono ad altissimi livelli – richiede davvero molto tempo.
Se non se ne dispone, il rischio è di non veder finalizzati i propri sforzi.

Denaro. Perché purtroppo non si può improvvisare. Rimbalzare a destra e sinistra seguendo mode e sentito dire non sarà mai proficuo. Lo sarà invece affidarsi a professionisti e tecnici competenti che chiaramente dovranno essere retribuiti. Da voi, eventualmente dal vostro sponsor o da chi, eventualmente, vi paga per combattere.
Sebbene grazie a Internet sia riesca a leggere tutto di tutti, e con un po’ di testa si possa anche arrivare a gestire da soli un buon lavoro, il percorso selfmade richiederà sempre e comunque più tempo di quello affidato a specialisti.
Con tempo a disposizione e possibilità di farvi un minimo seguire, dateci dentro.

Finita la dialettica passiamo al sodo.
Quanto e come serve sollevare pesi negli SDC?

Il primo passo per affrontare una preparazione aspecifica è testare/si.
Negli SDC, considerata una durata media dell’evento tra i 10 e i 35minuti, non si testerà di certo il risultato sui 42km di corsa.
Riguardo la forza, senza nulla togliere a nessuno, sono ben pochi quelli in grado di realizzare un vero ed attendibile test. Si utilizzano le tre alzate classiche: squat, panca, stacco da terra, potendo aggiungere military press e trazioni con zavorra.

Attenzione: numeri concreti, il mezzo squat alla smith machine non vale, e neppure vale la panca iper-rimbalzata o a mezza escursione. Già a questo punto risulta fondamentale spendere del tempo per imparare qualcosa che darà poi dei riferimenti: testarsi/re è fondamentale perché ci permette di capire dove dobbiamo lavorare e dove invece dobbiamo solo mantenere. Se nel test di Cooper chiudi con 3000m ma non riesci a squattare neanche con l’equivalente del tuo peso corporeo è evidente che dovrai concentrarti al 100% sull’ultimo aspetto tralasciando parzialmente il primo.

 

Più di ogni altro SDC, le Arti Marziali Miste sono estremamente situazionarie, può veramente capitare di tutto, da 15-25min di scambi in piedi allo stesso quantitativo di tempo trascorso a terra o in clinch contro la gabbia.

Nella maggior parte dei casi si assiste ad una continua alternanza delle situazioni appena elencate. Unire fasi di lotta a fasi di colpi non è per nulla semplice. Chiunque, per quanto lontano da questo mondo, avrà due immagini ben distinte del lottatore di libera/greco da quello di thai/kick. Il primo molto ipertrofico e forte, il secondo leggero e veloce.
Bene, nelle MMA queste due immagini convergono. Ovviamente ciascun fighter privilegerà sempre la parte di stand up o quella di wrestling/grappling ma dovrà essere sempre e comunque competitivo in ogni aspetto.

 

Se è vero che a stabilire quanto la forza sia importante è il tempo che si ha per esprimerla, ed è altrettanto vero che a livello di SDC le discipline lottatorie sono quelle dove la possibilità di esprimere forza è maggiore, allenare la forza significa soprattutto trovare delle soluzioni a un problema. Naturalmente il problema viene dal carico e più esso sarà grande più sarà difficile risolverlo. Per essere efficienti sotto al bilancere bisognerà anzitutto trovare il proprio movimento, la propria linea. Cosa vuol dire? Vuol dire che per ogni alzata ci sono dei canoni chiari (squat sotto parallelo, no retroversione del bacino, fermo al petto nella panca, no infilata nello stacco, ecc, ecc…), ma all’interno di essi un bravo tecnico (spaziale il lavoro visto fare al Corso Istruttori FIPL) saprà indirizzarvi su quale sia la linea più efficiente per “risolvere il problema”.

Sembra banale ma in realtà trovare la propria linea è difficilissimo, e più ci si avvicina più ci si rende conto di essere in grado di esprimere quello che si ha. Ma che succede, mentre troviamo la nostra linea? Un sacco di cose. Migliorano la nostra propriocezione, ipertrofia, reclutamento, minor fatica a parità di stimolo…
Per risolvere il problema “sovraccarico” con la nostra linea di spinta il corpo è costretto a sfruttare tutto il suo potenziale: questo vuol dire cercare di sfruttare il 100% delle fibre, ovvero richiamare anche quelle fibre tremendamente efficaci, bianche, grosse ma anche faticosissime da attivare.

Detto così sembra figo, ma poco utile poi al nostro sport. In realtà, un maggior reclutamento sarà utile per qualsiasi attività perché il nostro corpo avrà imparato ad utilizzare qualcosa che prima non usava e questo sarà spendibile per tutto. Al di la del migliorare il proprio 1RM, sollevare pesi è una scuola a 360° per il nostro corpo. Più lo facciamo e più il nostro corpo impara a risolvere problemi che possono essere anche molto diversi dal semplice aumento del carico: pensate a quanto può essere difficile – anche con un peso basso – rallentare la discesa nello squat, fermarsi prima o sotto al parallelo, risalire lentamente.

Se siamo forzati a non ricorrere a compensi vari (i quali non garantirebbero comunque la soluzione del problema), il nostro corpo deve andare a mille e sfruttare il 100% di quello che ha.

Come detto in apertura, sollevare una persona e sollevare un bilancere sono cose molto lontane tra loro per dinamica e angoli di lavoro, ma le catene coinvolte saranno sempre le stesse. Quindi se io imparo a sfruttare al 100% questa catena, migliorandone anche le potenzialità, sarò inevitabilmente più efficace anche nello specifico.

 

 

Ok. Fare panca, stacco e squat migliora l’efficienza del mio corpo di fronte al problema “resistenza/forza da vincere”.
Quindi il mio lavoro aspecifico sarà bombardarmi di lavori sula forza neurale?
Certamente no.

Come scritto poco più sopra, esistono dei dati con cui confrontarsi per capire quanto i nostri risultati siano vicini o lontani rispetto ai valori di riferimento. In ogni caso penso che l’allenamento della forza non vada affrontato con l’idea di fare numeri da PL. Per tre ragioni.

La prima: il tempo, come già trattato.
La seconda: il recupero. Bisogna gestire i recuperi dei lavori metabolico-meccanici sia aspecifici che specifici.
La terza è un pensiero puramente personale. Programmare e svolgere del lavoro di forza neurale ci porterà inevitabilmente a migliorare poco o tanto i nostri massimali (dipende dal livello di partenza…) ma non credo che migliorare il proprio 1RM debba essere il focus del lavoro (posto ovviamente che i massimali non siano anni luce da quelli di riferimento).

 

Ho notato che il miglior modo per sfruttare il lavoro neurale in ottica transfert sia quello di concentrarsi sulla gestione del peso, cioè stare “lì”.
Sostanzialmente, dopo aver acquisito dei discreti massimali io consiglierei di fare parecchio lavoro (leggi volume) sulla gestione del peso, eccentriche/concentriche rallentate, fermi lunghi e cosi via. Perché questo ti abitua a stare dove fai fatica, dove il problema si fa grande, senza contare che capita spesso nello specifico di dover stare “li” e la cosa torna inevitabilmente utile.

Inoltre, periodizzare un lavoro di questo tipo, magari basato sullo stato di forma percepito di giorno in giorno, è molto più semplice che un lavoro con percentuali e giorni precisi.
Consiglio sempre e comunque di affidarsi a qualcuno che vi strutturi il lavoro, occhio perché basarsi unicamente sulle percezioni in prima persona diventa spesso fuorviante e si rischia di fare troppo/troppo poco.

Propongo ora un’opzione che potrebbe tornare molto utile a chi può dedicare solo pochi momenti ai sovraccarichi e, per giunta, negli orari che immediatamente precedono le sessioni di allenamento specifico.
L’idea mi è stata suggerita da Ado Gruzza al corso Fipl e l’ho sperimentata su me stesso. Idea tanto semplice quanto efficace.
La logica di base è quella di fare – previo riscaldamento – qualche tripla con pesi moderati e poi si sale col peso facendo diverse ripetizioni singole più pesanti. Incrementando i carichi di serie in serie.
Poi, finita questa fase di pre-attivazione, parte l’allenamento di lotta.

Non parlo nemmeno di tempi di recupero, molto soggettivi e molto legati all’intensità. Bene: come mi sono trovato e quali intensità ho utilizzato? Trovato Da Dio; per quanto riguarda le intensità, dipende.
Per semplificare, diciamo che il miglior compromesso l’ho trovato con un buffer discreto rispetto a quello che è il mio potenziale per quel dato giorno. Per intenderci: sulle triple ne avrei quasi sempre fatte altre 2/3. Idem sulle singole.

Questo è il sistema migliore che io abbia trovato. Migliore perché poi, appena inizia l’allenamento, sono già a mille. In particolare nel fasi di lotta godo di un’esplosività e una reattività che solitamente raggiungerei dopo una trentina/quarantina di minuti, con l’inconveniente della stanchezza accumulata in quel lasso di tempo.

Viceversa con quel piccolo nanociclo ero in grado di partire subito al 100% senza sensazione di stanchezza accumulata.

 

Sperimentando carichi elevati (ho ridotto il margine sia su triple che singole), ho riscontrato difficoltà a spingere a livello mentale. Intendiamoci: gambe e braccia ci sono. Ma a livello mentale rimane una certa difficoltà a dare il massimo.

Con più volume (più serie e/o più ripetizioni), la mente resta relativamente fresca, ma a livello muscolare si incontra una stanchezza che inevitabilmente porta a rallentare il ritmo, quando poco dopo si passa a gesti specifici delle MMA.
Fatica metabolica, diceva qualcuno.

Dopo svariate prove, la soluzione migliore che ho trovato è la seguente: 1×3 70% come partenza (indico serie per ripetizioni).
Avanti di triple aumentando il carico finchè non sento di avere un margine ridotto a 2 ripetizioni. Con questo peso, parto con le singole, salendo progressivamente col carico di serie in serie, fino ad arrivare a un carico che mi consenta un margine di 2 ripetizioni. Poi stop, finito.

Questo di base è il sistema che mi permette di “attivarmi” meglio, senza però indebolirmi a livello metabolico e soprattutto lasciandomi la testa bella fresca per spingere nell’allenamento specifico.
Per quanto riguarda gli esercizi, ho provato con tutti e quello “migliore” (su di me) è stato il front squat. Intendiamoci: penso che anche squat e stacchi vadano benissimo, ma per la Mia testa richiedono comunque un certo impegno. Impegno che può avere un peso, soprattutto prima di una seduta di lotta impegnativa.

La scelta di intensità/volume e degli esercizi dipenderà strettamente dal grado di allenamento, dalla fatica accumulata nei giorni precedenti e, appunto, dall’allenamento che ci attende immediatamente dopo. Non aspettatevi da questa soluzione di creare gli stessi numeri e lo stesso feeling con il carico che deriva da sedute unicamente dedicate ai sovraccarichi e chiaramente programmate a medio/lungo termine.

 

Come possiamo vedere, la “questione forza” può diventare molto interessante.
Va sapute gestire, bisogna dedicarci tempo (tanto!) e grande attenzione.
Più avete modo di dedicarvi ad essa con costanza e dedizione, e maggiore è la vostra esperienza, più ne gioverete.

 

 

Valerio Saronni sarà presente all’evento:

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