A pochi giorni dall’uscita del libro POWERLIFTING non poteva mancare una piccola anteprima, un semplice stralcio della copiosa parte sulla programmazione.
Siamo tutti molto emozionati della risposta stupefacente che sta avendo e condividiamo con voi questa lettura.

Essendo uno stralcio preso da un libro che ha quasi cinquecento pagine in tutto molte cose sono date per scontate perché spiegate ampiamente nei capitoli precedenti. Diciamo che per un beginner questo è un articolo piuttosto avanzato mentre chi è del mestiere non avrà nessuna difficoltà di lettura. Vi invitiamo, in ogni caso ad approfondire il concetto di progressione e di Intensità Relativa in questi articoli.
Creare una progressione
Intensità relativa il punto dell’allenamento coi pesi
Volendo essere estremamente sintetici l’RPE (Rating of Perceived Exertion) viene utilizzata valutare il livello di sforzo percepito nella singola serie e quindi per indicare quante ripetizioni di buffer (margine) bisogna tenere rispetto al cedimento muscolare. Se applicato alla singola ripetizione ci aiuta a capire quanto il carico utilizzato deve essere distante dal limite. Praticamente è un scala da 1 a 10 di fatica. Se 3@8 indica che dobbiamo utilizzare un peso con cui ne potremmo fare al massimo 5, quindi avendono 2 di margine (appunto 8 su 10) l’indicazione 1@9 significa idealmente che dobbiamo usare un carico con cui potremmo fare un’altra ripetizione.
Di Giuseppe Gargiulo.

Progressioni basate sull’autoregolazione

Mentre sull’allenamento a percentuali, e soprattutto a carico fisso, diventa abbastanza intuibile come mettere in fila le sedute per modulare i parametri dell’allenamento con delle progressioni più o meno matematiche, nel caso dell’autoregolazione, si aprono scenari più vari e anche “fantasiosi”.
Cerchiamo di riassumere tutto in 3 macrocategorie di progressioni:

1- RPE fisso e ripetizioni fisse
Questo è il modello in assoluto più semplice e si basa semplicemente sul tenere un numero di ripetizioni fisso a un RPE fisso al fine di lasciare che il naturale miglioramento della condizione di settimana in settimana porti i carichi a salire. Consigliamo a tutti di provare almeno una volta nella vita qualcosa del genere, per trovare quello che Mike Tuchscherer, nelle sue “emerging strategies” chiama “peaking time”, cioè il tempo, il numero di settimane (in realtà Mike parla di numero di microcicli), in cui la forma raggiunge il suo apice per poi decadere.
Esempio pratico, su un soggetto con 200 kg di massimale di squat:

Sett 1 1@8 = 175 kg
Sett 2 1@8 = 180 kg
Sett 3 1@8 = 185 kg
Sett 4 1@8 = 190 kg
Sett5 1@8 = 192.5kg
Sett 6 1@8 , provo 195 kg perché è il caso più realistico di chi vuole a tutti i costi forzare il miglioramento, ma escono a un RPE ben più alto che 8, diciamo che il vero @8 sarebbe stato 185 kg.

Bene, abbiamo dedotto da questo esperimento, che il peaking time del soggetto è di 5 settimane. Tuchscherer, in realtà, concede una seconda settimana per riprovare e vedere se il calo della settimana 6 fosse stato effettivo o un caso giornaliero (dormito poco, mangiato male, raffreddore, la ragazza mi ha mollato). Se la prestazione effettivamente non supera quella di settimana 5, il peaking time è di 5 settimane.
Questo metodo di allenamento è estremamente semplice da scrivere, praticamente non c’è nulla da programmare, però se ben contestualizzato e soprattutto se l’RPE viene rispettato (facile a dirsi), può essere estremamente utile per condurre la condizione verso l’alto in maniera abbastanza certa.
Un altro aspetto su cui possiamo giocare, per non rendere le sedute esattamente uguali, è modulare i backoff. Anche lì, se manteniamo lo stesso drop di carico rispetto al top set, e lo stesso schema di serie e ripetizioni, abbiamo lo stesso allenamento, il cui carico però, sarà modulato in base alla forma del giorno.
Possiamo, però, anche modulare il backoff, in previsione del fatto che la singola del top set sarà sempre più pesante, quindi possiamo alleggerire progressivamente il carico, se vogliamo rendere il backoff un lavoro tranquillo/stabilizzante e dare priorità quasi solo alla singola, oppure possiamo creare una classica progressione a percentuali ma sul backoff, lasciando quindi il carico con un certo range di autoregolazione.

Esempio:

Sett 1 1@8, -20% 5x3s = 175 kg (87.5%) + 140kg 5x3s (70% 5x3s)
Sett 2 1@8, -85% 4x4s= 180 kg (90%) + 153 kg 4×4 (76,5% 4×4)
Sett 3 1@8, -90% 2x4s= 185kg (92.5%) + 166kg 2x4s (83% 2x4s)
Sett 4 1@8, -90% 3×3 = 190 kg (95%) + 171 kg 3×3 (85.5% 3×3)
Sett 5 1@8, -95% 3 singole = 192.5kg (96.75%) + 182 kg 3 singole (91% 3 singole)
Sett 6 1@8, -95% 2×2 , provo 195 kg che non è @8, non avrei dovuto proprio provarli, ma se sono saggio, calcolo il backoff su qualcosa in meno, altrimenti mi uscirebbe 185 kg che sarebbe un 92.5% 2×2, che dopo una singola tirata e in una giornata che abbiamo detto essere una giornata no, sarebbe davvero troppo.

Col tempo dobbiamo capire quanto effettivamente il peaking time sia ripetibile, poiché la nostra opinione è che un soggetto non abbia un peaking time davvero davvero fisso, dato che questo può dipendere da molte cose, in primis da cosa facciamo le prime settimane del blocco (cosa che vedremo meglio nella programmazione ciclica), perché se le prime settimane sono solo di ricondizionamento, potrebbero non essere incluse nel conteggio. E per quanto riguarda, magari, una settimana intermedia, non troppo leggera ma dove ancora non partiamo con le singole @8? Poi, abbiamo fatto esempio sulle singole a salire, ma se costruissimo una progressione su delle serie magari da 5, siamo sicuri che il peaking time sarebbe lo stesso? Troppi fattori possono influenzare questo dato e qui entra molto l’intuito dell’allenatore e dell’atleta. Un tip da allenatore, che può essere molto utile, è che, andando avanti nelle settimane, di solito si ha prima un degrado tecnico con i carichi che vanno ancora veloci, ma che preannuncia un crollo di forma, la bravura sta proprio nel fermare la progressione al momento giusto.

2- RPE variabile e ripetizioni fisse

Questo è un “trucchetto” che può essere utile per ottenere un po’ lo stesso effetto del primo caso, ma per scongiurare la situazione, tutt’altro che rara, dove un atleta tira troppo nelle prime settimane, bruciandosi la progressione, invece di tornare a casa con buoni feedback e buone sensazioni che ne allungherebbero la “vita”. Inoltre, dato che le oscillazioni giornaliere, soprattutto in uno sport non professionistico, sono sempre possibili, con questo sistema abbiamo quasi la garanzia che i carichi si accrescano.
Il backoff stavolta, può essere sensato ridurlo in termini di intensità, di settimana in settimana, per partire da una situazione molto stabilizzante a carico praticamente fisso, per poi andare ad aumentare la forbice di carico man mano che si va più avanti, dando priorità al top set piuttosto che al backoff.

Esempio:

Sett 1 3@5, no drop, 3x5s = 160kg, quindi viene un 80% 3x6s, alla fine della fiera
Sett 2 3@6, no drop, 3x4s = 167.5kg, quindi abbiamo un 83.5% 3x5s
Sett 3 3@7, -5% 4x4s= 175 kg (87.5%) + 165kg 4×4 (82.5% 4x4s)
Sett 4 3@8, -10% 3×3 = 180kg (90%) + 162.5kg 3×3 (81% 3×3)
Sett 5 3@9, -10% 2x4s = 185kg (92. 5%) + 165kg 2x4s (82.5% 2x4s)

 

3- RPE fisso e ripetizioni variabili

Questo è quello che chiamiamo, tipicamente “MAV a scalare”. Questo è un approccio molto utile sulle varianti, specialmente quelle nuove, a cui l’atleta non è abituato e di cui non sappiamo con certezza la difficoltà, quindi facciamo fatica a scrivere delle percentuali accurate. Parte da ripetizioni alte, per consolidare il gesto, e sale in maniera semplice e lineare fino a una singola che rappresenta un po’ un piccolo test intermedio. Eccolo qui:

Sett 1 Mav5 + 3×3 stesso carico
Sett 2 Mav4, -10% 5x2s
Sett 3 Mav3, -10% 4x2s
Sett 4 Mav2, -10% 3×3
Sett 5 Mav1, -20% 3×3

Due appunti: l’RPE non è segnato, perché nell’idea “storica” originaria non faceva parte del nostro linguaggio, ma, per farla brevissima, sta nella zona del @8 alto; poi, i back off sono tarati in modo da avere un RPE un pochino più basso del top set, su questo, negli anni, ci siamo regolati sempre più al ribasso, perché a furia di ripetere questi schemi, i nostri atleti diventavano troppo efficienti nel top set e quindi spendevano tanta energia, tanta adrenalina, o semplicemente tiravano troppo, e quindi i backoff originari erano troppo impegnativi (di base, è bastato aumentare il drop del 5%).

Un problema intrinseco di questo schema, è che, a leggerlo, suggerisce di progredire col carico dei top set di settimana in settimana, dato che si scala sempre di una ripetizione. Però, nel caso, molto frequente, in cui un atleta che abbia già fatto schemi di questo tipo, forzi un po’ la mano per battere il suo PR su quel determinato range di carico e su quella determinata variante, il rischio è di trovarsi un po’ fuori forma alla settimana successiva, imporsi di fare qualche kg in più della precedente, e così innescare un circolo vizioso dove ogni settimana l’RPE sarà sempre più fuori parametro, la qualità tecnica degraderà, la variante, se isometrica o isocinetica, non verrà più ben rispettata, e sarete cotti nel giro di due settimane.
Come ovviare a questo problema? Banalissimo, con una scalata di 2 ripetizioni invece che di una sola, facendo sì che l’aumento di carico sia molto più sicuro.

Esempio:

Sett 1 Carico fisso gestibile per introdurre la variante già conosciuta, dato che parliamo di atleti più navigati
Sett 2 Mav5
Sett 3 Mav3
Sett 4 Mav1

Il ciclo sarà di 4, proprio perché si presuppone che l’atleta sia già pronto alla determinata variante, e quindi si saturerà più rapidamente dei benefici che la variante potrà dargli.
Altro sistema è quello di sparigliare le ripetizioni e non creare più una vera progressione lineare, tipo:

Sett 1 Mav4
Sett 2 Mav5
Sett 3 Mav2
Sett 4 Mav3
Sett 5 Mav1

Ovviamente quella delle 4 o 5 settimane non è una regola assoluta, come non è detto che uno schema così semplice funzioni solo su una variante (quindi un gesto a cui siamo decondizionati e su cui, pertanto, sarà più facile progredire), queste sono indicazioni di massima che funzionano nella maggioranza dei casi.