A cura di Ado Gruzza e Massimiliano Buccioni



Beh, che non sappiate farne lo spelling, credo sia perdonabile. Sono stato un paio di volte a cena con lui e famiglia, ci siamo allenati assieme (parola grossa eh, lui è di un altro che dico pianeta, sistema solare) eppure, ancora, per scrivere questo articolo, cercando di non sbagliare l’ordine alfabetico, ho dovuto controllare sulla sua pagina di Facebook. Per noi latini è davvero una sequenza impronunciabile. Infatti sul telefono l’ho registrato con lo spelling sbagliato: Tushcherer o qualcosa di simile.

Siamo seri: non tutti sanno che Mike è uno dei punti di riferimento MONDIALE dell’allenamento del powerlifting. Leggevo giorni fa un testo di Dan John in cui si utilizzava il suo metodo di valutazione RPE come fosse il modello universalmente accettato. Certo l’RPE non l’ha inventato lui, però l’ha utilizzato lui in maniera estensiva e sviluppandolo attorno ad un modello. Da quel momento, moltissimi hanno abbandonato le % di carico in favore di questa nuova maniera di ‘valutare’ l’entità del carico.

Mike innanzi tutto è un powerlifter di livello mondiale. Ha appena fatto queste alzate:

all’Arnold Classic in un contesto IPF. Cosa fondamentale (il contesto) per determinarne l’effettivo valore. Sfrutto l’occasione per ribadire a chi non è molto avvezzo al mondo del powerlifting agonistico, che se non sono fatti in contesto di federazione internazionale (IPF appunto) i risultati che vedete su Youtube, potrebbero non essere esattamente attendibili. Usando un eufemismo. Come si dice spesso: “Mio cugino fa i 100 metri in 8 secondi. Però non fa i mondiali, perché gli stanno sulle palle quelli della IAAF”. Si: poi vola, anche.

Per chi non fosse pratico con le libbre sono: 335 di squat, 210 di panca piana, e 371 kg di stacco da terra. Tutto RAW.

L’estate scorsa venne a trovarci a Parma, cogliendo l’occasione per visitare il centro città. Mi ricordo che andammo a mangiare in un ristorantino all’aperto, in una piazzetta molto centrale della città, con un compagnia assurdamente mista, si andava da bambini di 2 anni a sfegatati di powerlifting fino a gente che non sapeva la differenza tra un manubrio e un bilanciere.

Ricordo che nel pomeriggio fece un allenamento tipicamente RTS.
Un morbido riscaldamento, poi caricati 290 kg sullo stacco da terra. Ogni alzata monitorata con un apparecchio che ne misura la velocità assoluta e media. Poi, vi spiegherà meglio lui di persona.
Dicevamo 290 kg x 4 ripetizioni. Porca put….!
Senza cintura da powerlifting.
Riposo di quasi 10 minuti.

305 kg x 4 ripetizioni. Sempre senza cintura. Sempre imprecazioni.

Riposo di quasi 10 minuti.

Io mi sarei già fermato a 290 kg, buoni ma pesanti. Pensai, se aumenta il peso, diventa una mattanza dell’ermellino. Invece i 305 sono uguali ai 290 kg. Un trattore che sale in prima. Impressionante.

Ancora 330 kg x 4 ripetizioni. Sempre senza cinta. Leggermente più sofferti, però, non certo come ci potremmo aspettare.
A quel punto, in inglese mi esce una cosa che avevo, strutturato nella mia testa in dialetto misto parmigiano reggiano e cioè: “I think, today, at this time of the day, there are not a lot of people that have done the same effort you did right now, with the same weight”.
In dialetto suonava terribilmente meglio.

Poi due serie di ritorno, così, tanto per gradire 290 kg x 4 x 2 serie. E poi un paio di serie di panca presa stretta. Fine dell’allenamento.

Poca densità, pochissimi esercizi, direbbero quelli che ne sanno: poca massa. Infatti Mike è un colosso di 120 kg senza la minima pancia, con il core più strutturato che abbia mai visto in vita mia.

Ok, grande atleta. Però non solo quello. Di grandi atleti ce ne sono diversi (in realtà di questo livello pochi) in circolazione. Il punto è che Mike è un opinion leader nel mondo del bilanciere. Il suo approccio insolitamente frequente e anticonvenzionale è stato un macigno nel mondo ingessato del powerlifting americano. Al punto di condizionarne in maniera indelebile tutta la new wave filosofica.

Mike ha fatto un passo in più, ha posto nuove problematiche nel mondo del powerlifting, in qualche modo mutandone faccia, per sempre. Da una parte abbiamo i grandi tecnici russi e norvegesi, che dicono poco e hanno approcci strutturati. Dall’altra? Dall’altra parte abbiamo un mondo molto più bravo a comunicare ma a volte poco propenso all’analisi e al ragionamento fine. Mike si è messo in mezzo a queste realtà, con il suo approccio metodico e vagamente meditativo, e fin da giovanissimo ha iniziato a mettere sul campo idee, metodologie, progetti e valutazioni, fino a creare il suo Reactive Training System che senza alcun dubbio è una delle realtà più importanti, a livello mondiale, nel mondo del powerlifting e della forza.

Potrei dire senza troppo timore di smentita, che in ambito powerlifting, escludendo gli approcci dei tecnici, che non pubblicano i loro allenamenti e non hanno blog sul web, sia l’approccio più interessante che esista sul powerlifting, e specifico per questo. .

Sono tantissimi i motivi per cui credo che questo approccio farà innamorare il pubblico italiano. La semplicità di comprensione e allo stesso tempo la ricercatezza dei contenuti sono una delle caratteristiche che ha reso grande tanta scuola di sollevamento dell’est, che in Italia ha tanto successo. Credo che l’approccio di Mike sia un giusto ibrido europeo americano.

Abbiamo la fortuna di avere l’esperienza diretta di Massimiliano Boccioni, docente AIF e atleta nazionale, che per 8 mesi si è allenato seguendo le metodiche di Mike e direttamente seguito da lui. Ecco qual’è stata la sua esperienza:

“Cari lettori di AIF, è difficile narrare in poche righe un’esperienza di allenamento così significativa. Quello che spero è di suscitare in voi curiosità e voglia di approfondire l’argomento, perché è davvero interessante. Come scrive Ado, siamo di fronte ad uno straordinario atleta che ha saputo tradurre il suo enorme talento in strumenti utili a tutti. L’analisi e la sintesi che propone per approcciare il tema della forza sono forse quanto di più avanzato esiste sul “mercato” occidentale dei vari portali. Ora, non vi aspettate una descrizione minuziosa del sistema RTS, non si può fare in questo contesto. Dovete ascoltare Mike, approfondire e soprattutto, allenarvi con i paradigmi dell’RTS. Voglio però lasciarvi alcuni spunti di riflessione su ciò che ha costituito la mia esperienza.

Primo: “la liberazione dalla nevrosi della percentuale” La stragrande maggioranza dei metodi prevede la descrizione della programmazione in serie e ripetizioni a una data percentuale del carico massimo. Bene, questo ha i vantaggi ovvi di un linguaggio intellegibile a tutti, con però uno svantaggio intrinseco. Se in un dato giorno non siete al top, il che è normalissimo, e fate un 4×4 al 70%, la percentuale effettiva che state somministrando al vostro sistema-corpo è come minimo superiore.

Basta questo per dire che seguire una metodologia in maniera maniacale non è molto di più che lenire i vostri sensi di colpa in merito all’aver fatto il compitino. Alla lunga ciò non paga. Analogamente si può parlare del gear. Fatto 100% il max di squat attrezzato, cosa vuol dire fare 4 doppie all’80%? La risposta è ovvia, ma è probabile che chiunque esegua le doppie con costume lento e bretelle giù. Ancora una volta la percentuale effettiva può essere diversa da quella teorica. E non di poco! Ebbene, nessuno tra i trainer “tradizionali”, neanche i top player, sa dare una risposta a questa obiezione. In genere si considera solo il carico nel suo senso estrinseco, assoluto. Aperta e chiusa parentesi: solo questa piccola cosa basta per far riflettere su quanto siamo fortunati in Italia, certe cose almeno in nuce grazie ad alcuni “visionari” le sappiamo da un po’…

Il powerlifting moderno ci pone in un contesto complesso di gestione del carico, sia nel raw che nel geared. Mike T lo affronta in maniera intrinseca: il carico si valuta con ciò che si percepisce attraverso una serie di osservazioni distinte, fino a comporre una visione unitaria. A tal proposito mi torna alla mente una cosa che mi ha detto un allenatore di recente: “I need results, not feeling”. Questa apparente critica indiretta ma radicale al metodo RTS, allo sforzo percepito, si risolve facilmente con una cosa sola: la pratica. Quando il vostro feeling sarà affidabile, beh, l’ascolto della propria reazione, sotto l’occhio vigile di coach, produrrà solo risultati positivi. Posso dirvi che ho impiegato circa 6 mesi per maturare una percezione affidabile dei carichi, più legata ai fattori davvero cogenti. Qualche settimana serve a poco o nulla.

Secondo: “il tramonto del Superman che è in noi” Lo so, suona anche questo un po’ slogan, ma aspettate. Quante volte avete visto un vostro amico, o voi stessi, andare in palestra, pensare “oggi faccio 5 colpi con 140 kg di panca” e il risultato è stato una ripetizione decente, una stiracchiata e tre con 70 kg perché gli altri 70 li faceva di stacco a gambe tese il vostro spotter? Ah dimenticavo, naturalmente senza fermo al petto. Beh, tutto questo, se prendete un minimo sul serio i paradigmi dell’RTS e li usate, si scioglierà come neve al sole. Credo di non aver sentito nessuno insistere sulla qualità più di Ado. Ebbene, proprio l’RTS vi darà una percezione realistica del vostro potenziale, sia nel breve che nel medio-lungo periodo. Quando darete il voto vero allo sforzo che avete appena fatto, non cadrete più nell’errore di sentirvi Superman, e di converso, non avrete più paura di prendere in mano la criptonite e essere debolissimi, perché di fatto non esiste. Ad una data seduta di allenamento farete le vostre tripe qualitative, spingendo fino al carico che vi consentirà di tenere un certo buffer e un assetto tecnico corretto. Qualcuno sente risuonare il MAV. Sì e no, ci sono analogie, ma anche sostanziali differenze. Il prossimo convegno sarà l’occasione per porre a Mike le domande corrispondenti.

Terzo: “il picco di forma, questo sconosciuto” Non tutti hanno la fortuna di avere lo sguardo di un allenatore bravo addosso. Per cui si tribola molto ad azzeccare il picco di forma per una gara, ma anche solo per un test. Come si pone l’RTS? Attenti, l’RTS crede molto all’intensità. L’intensità è ciò che determina gli effetti dell’allenamento. Il volume determina la “magnitude” degli effetti. Questo concetto è chiave e dovete capirlo bene dalla viva voce di Mike. Ma ha un risvolto pericoloso. La soggettività di ogni atleta per il raggiungimento del picco di forma farà sì che ognuno dovrà utilizzare un approccio al tapering differente, perché non ce ne sarà uno confezionato e blindato come, ad esempio, nei metodi del guru di Ufa (Sheiko, NdT). Ci sono indicazioni di massima, ma sarà la maturità con cui si gestiscono i vari parametri che farà la differenza. Alcuni infatti molto neurali arrivano pesanti fin quasi sotto gara. Cosa a mio modo di vedere rarissima e pericolosa. Altri necessiteranno di un tempo congruo per recuperare tutte le forze e arrivare in pedana freschi di mente e di corpo. Insomma, un altro aspetto da capire bene, che se però si riesce a mettere in pratica con un certo grado di arte, produrrà sicuri effetti.

Concludo per evitare di cadere nella logorrea. L’RTS vi stupirà per l’immediatezza dei suoi concetti ma anche per la complessità del loro articolarsi insieme. È l’approccio all’allenamento della forza più marcatamente artistico che conosco, cioè un connubio di arte, nel senso di “tecnica”, la capacità di produrre un risultato con delle tecniche empiriche, e scienza, nel senso di osservazione sperimentale dei fenomeni. Insomma: concetti, non pre-concetti, osservazione, non pregiudizio. Lasciamo stare le tabelle di carico indicative, la fatica come percezione per regolare il volume, gli split settimanali, la forte propensione alla multifrequenza ecc ecc tutte cose che ascolterete al convegno, dal vivo, dalla voce di Mike, vedrete che sarà per ognuno di voi una piccola grande rivoluzione e ne sarà valsa davvero la pena.”

Vi ricordiamo che Mike Tushcherer sarà presente in ESCLUSIVA per l’AIF domenica 06 aprile in qualità di docente a “Building a Strength Expert” – 2° Corso Avanzato FIPL per Istruttori di Powerlifting .

Quota di iscrizione alla sola giornata di lezione tenuta da Mike Tushcherer:

> € 130,00;
> Trainer FIPL (di tutti i livelli) SCONTO 15%€ 110,00.

Ricordiamo a tutti gli interessati che il pagamento dovrà essere effettuato ESCLUSIVAMENTE a mezzo Bonifico Bancario Anticipato alle seguenti Coordinate Bancarie:

CASSA PADANA BCC – Filiale Taneto Di Gattatico
cc intestato a A.S.D. ACCADEMIA ITALIANA DELLA FORZA
IBAN: IT35 B083 4066 3400 0000 0096 860

NON VERRANNO ACCETTATE iscrizioni sul posto e in contanti.

Dopo aver effettuato il versamento preghiamo gli iscritti di inviare una mail:

  • avente ad oggetto “ISCRIZIONE AL WORKSHOP DI MIKE TUSHCHERER
  • contenente i proprio dati anagrafici: Nome /Cognome/Luogo e Data di nascita
  • recante in allegato copia Pdf o Jpg della ricevuta di pagamento in proprio possesso

al seguente indirizzo: iscrizioni@accademiaitalianaforza.it

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