Quando vi trovate di fronte alla strutturazione di un programma di allenamento dovete pensare sempre a due fattori fondamentali:

A) quando e quanto buffer usare?

B) questo allenamento mi permetterà di pensare a come faccio le ripetizioni?

Tralasciando il fatto che sul punto B potrei (e forse dovrei) scriverci un libro, passiamo al punto A!

Quanto buffer perchè le modalità logiche razionali sono due.

Ogni piano di lavoro sensato si articola in ripetizioni medie e ripetizioni basse. Dando per scontato la presenza di buffer posso decidere di utilizzare uno dei seguenti protocolli:

PROTOCOLLO STRUTTURAZIONE: tenere molto buffer nelle serie a basse ripetizioni. Invece meno buffer con le serie a medie o alte ripetizioni. Questa scelta avrà un effetto condizionale ben preciso sulla struttura dell’alzata e sullo sviluppo metabolico dell’atleta.

PROTOCOLLO DI RECLUTAMENTO: tenere poco buffer nelle serie a basse ripetizioni, quindi tirare in maniera importante carichi importanti. Al contrario tenere molto buffer nelle serie a medie e alte ripetizioni. Questo avrà un effetto sulla qualità dell’azalta ben preciso.

Un esperto di metodica di allenamento della forza deve capire e conoscere l’effetto differente che queste due scelte tecniche possono avere sull’atleta. Su un atleta molto tecnico ed estremamente delicato nella ricerca della propria massima performance può essere indicato il protocollo di reclutamento. Al contrario un atleta con grandi capacità di attivazione a massimi carichi ma piuttosto leggero per incastri e leve può essere indicata la prima scelta.

Quando strutturo programmi di allenamento utilizzo entrambi questi metodi, cercando, molto spesso a sensazione e senza una regola ferrea specifica, di attribuire il primo caso o il secondo in base ai bisogni dell’atleta. In più la cosa fondamentale è riuscire ad alternare questi diversi tipi di stressor in diverse fasi della preparazione.
Spesso, anche a livello accademico si perde tempo a parlare di quanta velocità si possa esprimere all’85% senza poi essere in grado di decifrare quelo che queste percentuali rappresentino per l’atleta e nella risposta che un atleta deve avere nel proprio modo di strutturare il programma.

Credo che questi ragionamenti, anche se affrontati in maniera molto manierista e basilare, siano i fondamenti della preparazione metodologica di un buon strength trainer.

Ado Gruzza
Tecnico FIPL
Responsabile AIF
Rawtraining Strength Master Coach
Collaboratore ISSA italia