A cura di Antonio Contenta.

 

 

Ore 17:09, sul treno di ritorno da una lunga due-giorni-di-workshop a Vicenza alla East-Side Gym (per chi è di zona consiglio fortemente di andarla a visitare). Mi ritrovo a riflettere su un aspetto che non mi era mai capitato di percepire così nettamente.

Noto, in certi ambienti in cui si coltiva una cultura più sportiva e meno “fitness”, un rispetto incredibile – incredibile è l’aggettivo pesato – verso il powerlifting, verso l’agonismo, verso tutto quello che stanno portando avanti FIPL e AIF per la didattica. Verso il “nostro” powerlifting, ma non “nostro” solo di Accademia Italiana della Forza: nostro di chi vive questo sport con più “insieme” che “contro”, con più “pro” che “anti”.
E questo accade sebbene questi ambienti siano parecchio lontani dale pedane agonistiche.

Mi ha colpito vedere come appassionati, (non a caso) passati per il Corso Istruttori, non abbiano terminato il loro percorso finito l’esame, ma anzi da li siano partiti ad informarsi, sviluppare sul campo ed approfondire ancora e ancora.

Tra i tanti cito Gabirele Baston, che ho avuto costantemente con me durante le lezioni pratiche a Milano e mi ha colpito tra i corsisti in quanto a motivazione. L’ho scritto e detto più volte: internet può testimoniare.

Gabriele, ma ce ne sono certamente altri, è uscito dal percorso formativo con molti più dubbi che certezze, proprio perchè il corso ha allargato le sue vedutue e lì ha toccato con mano cosa sapeva ma soprattutto cosa non sapeva, cosa vedeva e cosa non vedeva.
Questo è, mi permetto di dire, il nostro obbiettivo di formazione.

In questo genere di persone è evidente la voglia di capire, di sapere, e le strade dell’agonismo e della diffusione della nostra disciplina passano anche per questi piccole ma grandi conquiste, credo.

Certamente la pedana impegna e misura, e il salto di qualità passa – deve passare! – proprio dalla pedana. Per tutti.

 

Torniamo a “noi”.
Voglio suggerire 3 semplici variazioni sul tema, una per ogni “BIG”, che ho trovato particolarmente efficaci per risolvere alcune problematiche nelle alzate. Nessuna presunzione di aver inventato nulla, chi vive in contesti agonistici di livello, in squadre organizzate, non cadrà certamente dalla sedia. Mi rivolgo a tutti gli altri, e magari a qualche navigato che invece è più curioso.

 

Squat

Problematica: tendenza a utilizzare poco, o poco e male, le gambe e i piedi nello squat.
Ai meno attenti può suonare strano, ma non è “un” problema: è IL problema dello squat. Quelli bravi lo fanno sembrare facile, è vero, ma non è immediato per tutti (troppo lungo il discorso, per essere trattato esaustivamente in queste righe).

Pin-Squat High-Bar

Cosa fare: squat a bilanciere alto, scarpa con tacco, stance media. All’interno del rack, posizionare le barre laterali in modo tale da scendere ad una profondità “valida” (leggi: sotto il parallelo), ma non esasperata, assolutamente non esasperata. Eccentrica in controllo con particolare attenzione a non mollare la tensione nelle gambe quando il bilanciere è a pochi centimentri dai pin, cito il mitico presidente Sandro Rossi che ha reso l’idea con un sintetico ed immediato“soft landing”.

Un volta che il bilanciere è sui pin non scaricare completamente il peso come in un vero e proprio pin-squat, ma il tanto che basta a non rilassare del tutto l’assetto. Pausa netta di 2” e poi fase concentrica in cui si cerca una marcatissima reazione di gambe.

Ripetizioni tendenzialmente basse, ampio buffer nella serie, doppiare lo stesso carico se si prevede una progressione e stare sotto il 70-75%.

 

Panca Piana

Problematica: tendenza a frenare il bilanciere con le braccia, difficoltà di attivazione dei dorsali nel “caricamento”, attegiamento protetto e chiuso del pettorale, mancanza di controllo negli ultimi fatidici centrimetri di traiettoria prima del fermo.

Panca presa medio-stretta con doppio fermo in discesa

Cosa fare: mignoli a 81cm o leggermente più interni, discesa normale e fermo a 4/8cm dal petto, secondo fermo normale al petto e concentrica dinamica.

Cercare di effettuare il primo fermo, e farlo quanto più netto possibile, senza “tenere” di braccia ma cercare proprio le scapole e i dorsali, focus sul non cedere e non abbassare il petto.
Tra il primo e secondo fermo evitare che il bilanciere frani fuori controllo, cercando ancora una volta il torace e non le braccia.
La riuscita o meno dell’esercizio si percepisce piuttosto chiaramente anche per chi si allena senza un coach.
Lavorare e allenarsi e ancora lavorare e allenarsi.

Considerare dalle 3 alle 6 ripetizioni, carichi tendenzialmente sotto il 75% del massimale di panca normale.

 

 

Stacco Sumo

Problematica: difficoltà di controllo dei segmenti corporei e del centro-massa sul piede in fasi particolari dell’alzata.
Indicato in particolare per chi lo stacco “lo deve sudare” o come variazione fresca per i migliori sumisti.

Stacco a 4 tappe in salita

Cosa Fare: stacco sumo, stance usata di solito o un poco più chiusa.

– 1a tappa. Fermo di 3” alla caviglia con i dischi staccati di 5 cm rispetto al suolo, poi il bilanciere torna a terra.

– 2a tappa. Fermo di 3” sotto la rotula, e ancora giù a terra.

– 3a tappa. Fermo di 3” sopra il ginocchio.
Qui qualcuno si renderà conto di tendere ad anticipare la schiena rispetto alle gambe e ci sarà un abbozzo di infilata: risolvere.

– 4a tappa. Fermo a terra di 3” e salita normale fino a chiusura completa del movimento.

Tutto questo vale UNA ripetizione.

Considerare da un minimo di 2 a un massimo di 4 ripetizioni totali per non più di 3/5 serie. Usare carichi in funzione del movimento in pieno controllo e stare decontratti, non parliamo neanche di % in questo caso.

 

 

Antonio Contenta sarà relatore il 6-7 Dicembre a Reggio Emilia presso l’evento: