a cura della Direzione Tecnica dell’AIF


 

Seconda parte di questa rassegna sulle metodiche di allenamento della forza nella DDR: per leggere la prima parte dell’articolo clicca qui

 

VOLUMI E CARICHI

Abbiamo appena visto come la proposta sia quella di ricercare grandi stimoli con sforzi in range di intensità superiori all’80% del carico massimale. Quello che è importante notare è vedere come i carichi di lavoro proposti sono accompagnati da volumi altissimi.

Lo avrete notato: molto spesso, per non dire sempre, i grandi risultati sono a seguito di grandi volumi di lavoro, e i tecnici più illuminati sono quelli che fanno lavorare spesso di più. I volumi proposti da questi tecnici della Germania comunista sono però davvero oltre ogni limite. Un esempio: la versione della Germania dell’est della tabella Prilepin è quanto meno folle:

  • da 70 a 110 ripetizioni per esercizio per seduta con carichi dal 75 all’80%
  • da 35 a 85 ripetizioni per esercizio per seduta con carichi dal 85 al 90%
  • da 20 a 40 ripetizioni per esercizio per seduta con carichi dal 90 al 95%
  • da 12 a 25 ripetizioni per esercizio per seduta con carichi dal 95 al 100%

insomma, confrontatela con quella sovietica e fate le considerazione che volte. Noi facciamo fatica a pensare che siano volumi sostenibili nemmeno con l’immaginazione. Non certo per timori di mancata super compensazione od altro. La necessità di cura della singola ripetizione diventa praticamente impossibile. Questa tabella Prilepin versione EstBerlin deve servire a capire quanto lavorare sia determinante. Non uno spunto pratico ma l’idea che sempre più vediamo atleti deallenati che si nascondono dietro un dito. Il volume di lavoro è fondamentale. Fine delle favole.

Andando ad analizzare alcuni piani di lavoro per lanciatori della DDR notiamo come il lavoro sia molto improntato sullo stimolo della forza ma sempre in un ottica relativamente metabolica. Le 5 ripetizioni canoniche nello squat (sempre fatto in full position) sono quasi immancabili.

Questo perché è ritento che l’allenamento con carichi quasi massimali, cioè in cui i tempi di contrazione siano più brevi tendano a non portare più benefici nel lungo periodo. Gli allenamenti quasi massimali (da 1 a 3 ripetizioni con carichi limite) sono importanti per massimizzare la capacità di coordinare le MU nella contrazione. Si ritiene che il principiante sia in grado di reclutare simultaneamente il 60% delle MU, mentre atleti di altissima caratura arrivino fino all’85 percento. Dato questo numero come invalicabile è ritenuto limitante in un atleta avanzato insistere su quella via. Mentre per contro è ritenuto che un maggiore imprinting metabolico dell’allenamento, che predisponga maggiormente l’atleta ad incrementare la massa magra, possa portare ulteriori miglioramenti della forza massimale. In quanto il reclutamento non sia più migliorabile.

Una maniera ampiamente utilizzata per poter ovviare a questo problema nell’atleta avanzato è quello di utilizzare metodi di allenamento di tipo piramidale. Per stimolare l’incremento del diametro delle fibre vengono proposti carichi dall’80 al 90% del massimale, mentre carichi oltre il 90% per un mero stimolo del sistema nervoso. In modo da coniugare entrambe le facoltà in una unica seduta d’allenamento.

Ecco un piccolo estratto del trattato tecnico della FIPL che l’Accademia Italiana Powerlifting ha distribuito al corso istruttori 2011. Nella dispensa vengono trattate tutti i punti principali dell’allenamento coi pesi tra cui le tre principali scuole dell’allenamento coi sovraccarichi. Questo è un estratto della parte sulla DDR inerente alle logiche di sovraccarico.

 

Il metodo della DDR e il metodo piramidale

La Germania dell’Est, in termini sportivi è ricordata soprattutto per l’uso e abuso di sostanze dopanti. Forse certe analisi sono un pochino superficiali e spesso ci fanno dimenticare di quanta enormità di sostanze possa assumere il culturista della porta accanto o, come diciamo spesso, il buttafuori della vostra discoteca preferita.

La Germania dell’Est, sportivamente, andrebbe ricordata in particolare per il numero esorbitante di lanciatori di altissimo livello. Dove ci sono lanciatori, ci sono anche programmi di forza, perché i lanciatori richiedono livelli di forza spaventosi.

 

 

Si ricordo Udo Beyer, campione olimpico di lancio del peso, come un atleta in grado di distendere su panca più peso dell’allora campione del mondo di powerlifting, girano ancora per il web programmi di allenamento di Ulf Timmerman dove la quantità di lavoro coi sovraccarichi è imbarazzante.

La scuola DDR è la scuola del range 4\6 ripetizioni. La scuola della DDR è quella del “repetition method” applicata ai piramidali. Non essendo stata codificata come quella bulgara o la sovietica vi lasciamo solamente il concetto che, non avendo grandissimi pesisti, ma grandissimi lanciatori sì, il metodo della DDR è molto più incentrato sull’intensità percepita e del lavoro di forza come sforzo secondario. Si fanno tante ripetizioni, si spingono fino al limite le serie, si fa tanto lavoro di quantità e pochissimo lavoro di qualità sul carico.

Di buono questa metodica ha che presenta un limitato uso di esercizi per seduta (come le altre due che analizzeremo)

Questo è un piramidale proposto nel complesso DDR: 80%5×5, 85% 4×4, 90% 3 x 3, 95% 2 x 2, 100% 1. Nient’altro che l’applicazione del metodo “a fasi” dove l’atleta prima di arrivare al carico successivo deve superare un gravoso step, o fase.

Tutto questo in un solo allenamento! Tanto per dirvi la concentrazione dei carichi e la mancata ricerca di esplosività e controllo.

Esistono anche pianificazioni più “fattibili” anche se sempre concentrate su di un carico di tipo quantitativo. Sicuramente il fatto di avere atleti farmacologicamente aiutati favorisce la scelta di un lavoro di grande imposizione sullo stress sistemico. In pratica un grande uso del lavoro piramidale, un approccio molto focalizzato sulla teoria dei manuali, carichi alti, massima tensione muscolare cercata attraverso le ripetizioni.

L’utilizzo del metodo piramidale può pure essere razionalizzato e applicato con una logica al passo con le concezioni di qualità e dinamica.

Molto spesso sono proposte due forme di piramidali assai interessanti, e grandemente superiori a quelle generalmente messe in evidenza. Si tratta della piramide a base stretta e della doppia piramide (detta anche a clessidra) di Grosser e Neumeier.

Questi due schemi piramidali invece conservano il pregio di un lavoro piramidale senza trascinarsene i difetti.

Piramide a base stretta:

  • 95% x 1 quinta serie
  • 90% x 2 quarta serie
  • 85% x 3 terza serie
  • 80% x 4 seconda serie
  • (75% x 5) prima serie

Piramide a clessidra (sempre a base stretta) di Grosser e Neumeier:

  • 80% X 4 ottava serie
  • 85% X 3 settima serie
  • 90% X 2 sesta serie
  • 95% X 1 quinta serie
  • 95% X 1 quarta serie
  • 90% X 2 terza serie
  • 85% X 3 seconda serie
  • 80% X 4 prima serie

Diciamo che queste due soluzioni sono state poste in evidenza nell’inconsapevolezza più totale di chi ha curato i manuali perché mai abbiamo trovato spiegato il vero motivo per cui queste piramidi siano da portare in maggiore evidenza rispetto ad altre. Ma il motivo c’è:

  1. invitano l’atleta ad un carico di lavoro, in termini di ripetizioni in relazione all’intensità % di carico, ottimale. Nel senso non si limitano a determinare un carico, ma indicano un numero di ripetizioni che non è necessariamente quello massimo che l’atleta possa effettuare. Quindi indicano in qualche modo un volume di lavoro “ottimale”. Viene quindi proposta una prima forma di applicazione razionale delle ripetizioni: una certa qual forma del cosiddetto buffer;
  2. di conseguenza appare una razionalizzazione dell’intensità di carico: se si vuole lavorare con carichi quasi massimali (in questo caso oltre al 90%) non si può pensare di lavorare in maniera fortemente impegnativa anche con carichi del 20% inferiori. Per questo motivo la piramide è stretta, e per questo motivo le prime serie sono fatte protrarre con uno sforzo assai minore di quello che potrebbe essere il massimale. Utilizzare range di intensità % troppo elevati porta immancabilmente il corpo ad uno stato di confusione metabolica. Molti autori insistono sul cercar di mantenere lo sforzo all’interno di un divario del 10% circa. Per cui se decidi di lavorare con carichi pesanti al 90%, non potrai spingerti al di sotto dell’80%, a meno di mantenere molto margine tra le ripetizioni possibili e quelle effettivamente fatte, il cosiddetto buffer.

 


Capire da dove vengano le moderne teorie e applicazioni dell’allenamento è importante. Molte delle metodologie proposte e dei modelli che abbiamo consultato scrivendo questa recensione sono decisamente fuori la portata dell’atleta moderno. Spesso non hanno nemmeno più alcun senso: con molto meno si fa pure meglio. Ci sono tantissimi limiti (prima di tutto quello tecnico) a fronte di questo modello di sovraccarico. Però le logiche di fondo rimangono, basta saperle contestualizzare.
Il formidabili lanciatori della Germania Est hanno vissuto in un contesto sociale arretrato e limitante della libertà individuale. Per contro il sistema comunista ha favorito lo sviluppo puro di queste logiche d’allenamento. Per questo i tedeschi dell’est si allenavano tantissimo, sia sul campo che coi pesi. Possiamo applicarne le logiche pure noi che abbiamo tre o quattro sere libere dagli impegni per allenaci?

Noi che siamo o alleniamo talenti decisamente inferiori da quel pugno di giovani colossi? Secondo noi sì.

Un analisi attenta e senza stupidi preconcetti di una metodologia apparentemente folle in intensità e volumi può darci ed insegnarci tanto. Bocciare tutto come il frutto di folli esperimenti degli scienziati pazzi oltre cortina, beh, semplicemente è stupido. Per capirne di sovraccarichi bisogna riuscire anche a contestualizzare gli eventi.

Questi i punti che, a chiusura dell’articolo vorremmo vi restassero in mente, riletti in una chiave d’analisi contemporanea e che potreste applicare nei vostri sforzi nel raggiungere l’eccellenza:

  1. il lavoro di tipo metabolico è sempre fondamentale. Concentrarsi troppo sul neurale rischia di ingolfare il sistema. Il lavoro di forza ottimale è anche sempre di natura ipertrofica. Il che non significa affatto, però, attingere a piene mani a modelli tradizionali di bodybuilding. Anzi la strada indicata è ben altra;
  2. la risposta ipertrofica ha più a che fare con il carico che con una ricerca di specializzazione a questa attraverso il pompaggio a seguito della legge del disturbo dell’equilibrio tra consumo e ripristino dell’ATP;
  3. i volumi di lavoro debbono essere importanti. L’adattamento secondo questi autori viene  a seguito di grandissimi tonnellaggi;
  4. il sistema ha tempi di recupero tanto più veloci quanto più è allenato;
  5. il recupero è ottimale se frazionato piuttosto che un lungo recupero tra un distretto muscolare e l’altro;
  6. l’allenamento della forza resistente, entro certi tempi di lavoro, ha una relazione direttissima al carico, per questo ha decisamente più impatto il lavoro di forza che quello di resistenza su certe prove.

Forse avete qualche nozione in più, forse vi abbiamo fatto ripensare a cose che sapete già sotto una luce differente. Senz’altro la conoscenza senza sovrastrutture è fondamentale. Non dimentichiamo mai di applicarle nella pratica queste conoscenze, per non finire come quelli che vivono di studi e ricerche intrinsecamente sbagliati perché mancano di contatto con la realtà. Per capirne di sovraccarichi occorre il polso della situazione, ed il polso, signori, lo da il bilanciere.