a cura del Dott. Federico Fontana

 

Da un anno a questa parte, ho la fortuna e l’opportunità di lavorare per una società di Rugby.

Mi occupo di seguire circa 90 atleti nella preparazione coi sovraccarichi; o meglio, nella preparazione coi movimenti della pesistica olimpica per renderli funzionali ad uno sport di squadra.

Il WL entra quindi nel mondo dello sport, e il mio obbiettivo è far comunicare al meglio questi due mondi.

Ma non si è sempre detto che il Wl necessità di anni per poter apprendere il gesto e per poter maneggiare carichi allenanti? non è quindi uno spreco di tempo e risorse?

Vero, in parte… in qualche modo bisogna pur partire però, e piuttosto di niente è meglio piuttosto.

Con alcune eccezzioni però.

Quali sono quindi i presupposti?

Nella preparazione sportiva coi sovraccarichi, l’allenamento della forza è una componente fondamentale del processo di specializzazione sportiva.

Esso deve essere essenziale, tale cioè che l’incremento della forza ottenuto possa essere trasformato ed utilizzato nella tecnica specifica.

L’utilizzo degli esercizi di Strappo e Slancio è una delle possibili strade che si possono percorrere; l’unico problema è che stiamo parlando del livello più difficile da approcciare, il 9b+ dell’arrampicata sportiva.

Gli step da affrontare per l’avvicinamento alle tecniche olimpiche di sollevamento pesi, dovranno avere la caratteristica di essere studiati appositamente per arrivare ad un approccio intelligente ai sovraccarichi, permettendo di usare la qualità come parametro base, proiettando verso il futuro il proprio lavoro per facilitare i progressi a lungo termine, e insegnando ai giovani a spingersi vicino alle proprie potenzialità, evitando un cattivo stimolo; inevitabile in un lavoro non individualizzato alle caratteristiche di crescita tipico dei programmi troppo standardizzati.

Ogni giorno ho sottomano molti ragazzi, ed ognuno ha un bagaglio motorio e psicologico differente. Non è impossibile partire; bisogna solo sviluppare la capacità di valutare il livello iniziale di ognuno per poterlo proiettare verso la strada per lui più produttiva.

La vera essenza della didattica della pesistica olimpica è un’opera di continuo adattamento.

La parola adattamento non deve però essere intesa come la pratica che modifica l’esercizio in funzione del soggetto; è solo il percorso per insegnarlo che viene modificato.

Il risultato finale DEVE essere uno: la corretta ed efficiente tecnica esecutiva.

Questa da transfert sul campo; i compensi e i compromessi no!

Bisogna infatti stare attenti a non adattare la pesistica agli atleti, o viceversa, perché sono entrambe strade sbagliate che snaturerebbero l’essenza e l’utilità di esercizi come lo strappo e lo slancio.

Per un problema articolare non riesci ad estendere completamente i gomiti sopra la tesa con le mani a larghezza strappo?! Oppure non riesci ad appoggiare il bilanciere sulle clavicole dopo una girata?!

Potrebbe benissimo essere il primo un problema di fiducia o di schema motorio, e il secondo di tecnica scorretta; allarga la presa e vedrai che “girare” ti riuscirà meglio.

In tali casi, anche se non puoi usufruire delle alzate olimpiche traendone il loro vero beneficio ora, lo potrai probabilmente fare nel lungo periodo.

Disabilità non significa inabilità. Significa semplicemente ADATTABILITA’.

Attenzione quindi, nella fase di apprendimento, c’è molto altro che su di te può funzionare bene fino a che tu non riesca a colmare i tuoi limiti odierni e a raggungere una pratica allenante profiqua, fatta in maniera preponderante di strappo e slancio.

C’è molto da lavorare prima di trarre conclusioni affrettate.

L’approccio all’allenamento è facile. Sono le aspettative sbagliate a renderlo difficile.

 

SFRUTTARE LE POTENZIALITÀ DELLA NEURO-MACCHINA UMANA

“Le abilità che l’essere umano può sviluppare possono essere portate avanti fino alla morte dell’individuo stesso. E’ qui che sta il bello del gioco.

Se compiliamo la graduatoria degli animali più precocemente competenti, l’uomo fa la figura dell’imbranato. Impiega più di dieci anni a diventare autonomo, e nella società attuale questo lasso di tempo spesso si triplica. Se tale lento processo avvenisse nel regno animale tutte le specie sarebbero estinte.

L’animale presenta molti più comportamenti innati, che però vogliono dire connessioni neuronali rigide e altamente pre-formate, e inesorabilmente legate ad ambienti altamente specifici. Se l’ambiente muta, quei comportamenti diventano inefficaci.

I non specializzati viceversa, noi, possiamo adattarci a QUALSIASI cosa. E possiamo, a qualsiasi età con tempistiche diverse, APPRENDERE… sempre e continuamente!

Sruttiamo il fatto di avere un cervello parzialmente incompiuto, che ci permette, dedicandoci una parte importante di tempo, ad apprendere nuove capacità specifiche.”

Da: Perseverare è umano
Pietro Trabucchi
2012

Sono fermamente convinto che sia meglio intraprendere una strada difficile e portarla avanti, che continuare a cambiare verso strade più facili. Perché? Perché abbiamo le innate capacità per farlo e sarebbe un peccato non provarci; rischiando poi di venire fulminati come San Paolo sulla via di Damasco.

Avvicinatevi al meglio alla pesistica e vedrete come un approccio intelligente darà i suoi primi modesti frutti già dal primo allenamento.

Come scelta nell’immediato non darà i risultati che “promettono” le strade facili, ma col tempo la differenza a vostro vantaggio sarà incolmabile.

Non diventiamo i conquistatori dell’inutile!

Il come perseguire questa strada passa inesorabilmente da un’unica strada: dedizione e moltissime ore di lavoro! La qualità non è mai figlia del caso.

Interessante è uno studio a tal proposito di K.A. Ericsson, The Role of Deliberate Pratice in the Acquisition of Expert Performance, edito in Psychological Review che formula “la regola delle 10.000 ore”.

L’autore ha dimostrato che le grandi prestazioni in QUALSIASI campo, sono frutto in maniera preponderante dall’esercizio costante più che dalle capacità innate. E che le potenzialità per trasformarsi in successo concreto non possono prescindere dal duro lavoro.

Senza dimenticarci i fondamentali aspetti di piacere e senso di competenza.

L’eccellenza sta nell’abitudine!

 

 

Il mio lavoro vuole essere l’incontro di questi 3 punti chiave.

Impegno costante, piacere, senso di competenza.

Volete usare il sollevamento pesi come attività extra-specifica?! Benissimo, fattibilissimo! Dovete però mettervi in mente che ci sarà da lavorare parecchio.

Serve tempo e forza di volontà perché a volte è possibile abbandonare la strada vecchia per la nuova.

Ogni persona ha una struttura muscolo-scheletrica diversa che la porterà a mantenere, o meno, certe posizioni corporee peculiari degli esercizi della pesistica.

Iperestensione della colonna, mobilità scapolo omerale, lunghezza dei segmenti ossei, mobilità articolare, ecc… e questo è probabilmente lo scoglio più difficile da sormontare e valutare.

Chi è in grado, prosegue, chi meno, INTANTO, impara dell’altro.

Cosa significa altro? Significa propedeutica olimpica, esercizi derivati dal powerlifting e dallo strongman; sempre però dedicando parte della seduta alle tecniche olimpiche.

Significa trovare per ognuno la strada ottimale per perseguire un obbiettivo comune: creare la migliore base per avere un trasferimento di capacità indiretto in campo; senza perdere tempo in cose inutile o infruttose sul breve periodo.

Se la vostra chiave di successo è la capacità di svilupparre un alto RFD e un basso ESD, come esposto da Ado Gruzza nel suo articolo che tratta questo argomento, state certi che se passate al sollevamento pesi in maniera intelligente i benefici saranno ovvi.

Per fare ciò però, come ormai sarete stanchi di sentire, è necessario passare dalla TECNICA, dall’espressione di velocità e di fiducia. Nel sollevamento pesi, se non fai parte di quel 2% di soggetti che possiedono innate capacità, se non sei tecnico i chili non li fai.

Solo un lento apprendimento permetterà il consolidamento di connessioni neurali sempre più fitte ed indirizzate all’esecuzione dello schema motorio il più vicino possibile alla perfezione.

Come ogni cosa, anche questa va IMPARATA.

 

“LA PRATICA RENDE PERFETTI. MA SOLO LA PRATICA PERFETTA”
per approfondire consiglio lo studio di un articolo di Andrea Biasci che affronta il discorso

 


 

“È un errore soltanto se lo commetti due volte”
Yamamoto Tsunetomo

Il sistema nervoso infatti, quando parliamo di movimento, impara, nel senso più intimo del termine, quando una perturbazione esterna modifica il bagaglio motorio presente; mediante due vie:

Primo, monitora e integra segnali sensoriali interni e usa tali informazioni per modificare direttamente la posizione del corpo nello spazio.

Questo controllo momento per momento è chiamato feedback control.

In tale sistema, chiamato anche dagli aglosassoni servo-control, i segnali sensoriali sono comparati istante per istante con uno stato ideale, con una tecnica di riferimento chiamata appunto reference signal. La differenza, o error signal, è usata per aggiustare l’output.

E chiaro quindi che tutti nel cervello, quando eseguiamo qualcosa, anche nei primi istanti di apprendimento, abbiamo un modello di riferimento; che sia l’amico che si allena vicino a noi, il video su youtube o la nostra esperienza passata. Non ci sono cazzi! Il cervello senza che voi possiate controllarlo, passa da qui. Il reference signal è… la tecnica.

Migliore ovviamente è questo modello di riferimento migliore sarà la correzzione che daremo.

E’ altrettanto importante sottolineare come questo sistema sia definito chiuso, o closed loop; ciò significa che esiste una retroazione del sistema stesso, che può essere alterata mediante la modifica del modello di riferimento. Ecco che entra in gioco l’esperienza e i “chilometri nelle gambe”.

Secondo, il sistema nervoso usa una moltitudine di sensi, per esempio la vista, l’udito, la percezione tattile e quindi propriocettiva, per individuare perturbazioni inattese ed iniziare ad attivare strategie preattivanti basate sull’esperienza. Ripeto, basate sull’ESPERIENZA. L’esperienza nel nostro caso è di nuovo… la tecnica! Una tecnica ottimale permette di far fronte al meglio, centimentro per centimetro, all’esecuzione di un movimento.

Tale modalità anticipativa è chiamata controllo a feed-forward.

Sta tutta qui l’importanza di apprendere uno schema motorio corretto e di saperlo trasferire in molteplici occasioni. E va da sé che più il movimento da apprendere è complesso, maggiore sarà il bagaglio esperenziale a cui potremo attingere per controllare il nostro corpo mediante feedback o feed-forward in occasioni diverse.

 

DAL COMPLESSO AL SEMPLICE

 

Famosi sono gli studi di Donald Olding Hebb, che per primo parla di MOTOR EQUIVALENCE. Indagando come il sistema nervoso destruttura compiti motori complessi in movimenti elementari stereotipati e con caratteristiche temporali più semplici.

La rappresentazione neurale di compiti motori complessi è fatta da successioni di elementi semplici. Più un compito motorio è complesso, più sono gli elementi semplici che lo compongono e che possono essere poi utilizzati in contesti diversi. Più ho tasselli a disposizione da usare, maggiori sono i compiti motori a cui posso far fronte in modo efficace.

Durante il percorso stesso di apprendimento, sono molti i sub-tasselli che nascono e crescono.

Una delle felici conclusioni che traggo ogni giorno vedendo i miei ragazzi allenarsi è che, infatti, l’intero anno alle spalle in cui abbiamo lavorato praticamente solo di tecnica, non è stato tempo sprecato.

Tutti hanno acquisito mobilità e controllo muscolare; posseggono una sensibilizzazione dell’apparato muscolo-scheletrico-recettoriale molto più fine; ciò si traduce in equilibrio, propiocezione, capacità cinestetica… che poi sul campo riescono a trasferire/trasformare per il loro sport. Esprimono maggiore velocità, hanno una struttura corporea più solida e soprattutto, stanno imparando ad acquisire FIDUCIA nell’uso del proprio corpo che ha imparato a ragionare in termini di movimento. NON di muscolo, di MOVIMENTO.

Ricordate che i gesti del PL o del Wl sono eventi?! Per esserlo devono passare da una condizione fondamentale spesso non considerata: la fiducia nell’eseguirli. Che a sua volta è figlia dell’apprendimento.

La fiducia, da quello che ho potuto constatare, è ciò che permette al corpo umano di mettersi nelle condizioni di sviluppare livelli di rapidità spaventosi (ovviamente a schema motorio consolidato). E non è prettamente questione di fibre muscolari o di coordinazione, ma bensì PADRONANZA del gesto tecnico.

Anche in un novizio, sebbene per una % minore di alzate, qualcuna è spaventosamente rapida.

Acquisite fiducia in un movimento tecnico è questo vi restituirà il massimo in termini di resa; la tecnica è ciò che rende un movimento muscolare complesso, in una serie di elementi più semplici; un’enormità di elementi più semplici. I quali, se coordinati temporalmente e spazialmente al meglio, possone essere trasportati in gesti diversi da quello che ha portato l’apprendimento.

La capacità di estrinsecare forza in contesti diversi ne è un esempio.

Si tratta quindi  di disinibire il sistema nervoso dal controllo perenne che involontariamente vuole avere sui muscoli (ovviamente acausato da una vostra visione miocentrica), per trasferirlo al controllo del movimento che passa dall’uso dei muscoli.

I meri esecutori devono indirettamente essere controllati dall’evento tecnico.

Ed è una delle variabili più difficili da dominare, soprattutto se ci si avvicina al WL in età avanzata.
Attenzione, non ho detto che sia impossibile, ho solo detto che ci vorrà più tempo.

Quindi non vediate i lunghi tempi di apprendimento della pesistica olimpica come inutili o infruttuosi; se spesi bene sono meglio di moltissime altre cose.

Bisogna stra-provare prima di concludere se è la strada giusta da percorrere o meno.

Ciò che bisogna ficcarsi in testa è che per renderli fruttosi nel tempo, bisogna passare dalla corretta tecnica e dalla pratica costante!

L’unica cosa è affidarsi quindi a tecnici competenti già nelle prime fasi; nel primo passo verso il bilanciere dopo il riscaldamento.

Ciò che l’Accademia vuole fare è proprio questo; creare dei percorsi teorico-pratici formativi nell’approccio intelligente alle alzate olimpiche, come pratica extra-specifica del proprio sport.

Vi metteremo a disposizione personale qualificato che potrà, su ognuno di voi, trovare la strategia ottimale per l’apprendimento efficiente ed efficace degli esercizi della pesistica.

Compreso l’insegnamento di tutti quegli ausiliari che troppo spesso non sono nemmeno conosciuti. Il sollevamento pesi è fatto di moltissimi complementari di più facile approccio, non solo di strappo e slancio.

L’intenzione è inoltre quella di creare un percorso teorico che affronti le tappe principali dell’insegnamento delle tecniche di pesistica a sportivi di altre discipline. Quindi l’iter didattico più appropriato e le relative problematiche a cui si può andare incontro.

Verranno poi sviscerate alcune programmazioni intelligenti per rendere fruttosi gli allenamenti con i pesi nel contesto di una diversa disciplina come può essere il mondo dello sport di squadra e dello sport individuale.

Il tutto ovviamente condito da ore di estenuante pratica…

 

BIBLIOGRAFIA:

 

  • “L’essenza della Forza” – di Andrea Biasci
  • “Explosive Strength Deficit” – di Ado Gruzza
  • “Principles of neural science” – Eric Kandel, J. Schwartz, T.Jessel
  • Hebb DO. 1949. The organization of behavior: A neuropsychological theory. New york: John Wiley
  • K.A. Ericsson. 1993. The Role of Deliberate Pratice in the Acquisition of Expert Performance. Psychological Review 100:3, 363-406
  • Nissen MJ, et al. 1987. Attentional requirements of learning: evidence from performance measures. Cogn. Psychol 19:1, 32