A cura del Dott. Francesco Pelizza.

 

 

Trovo molto utile aprire un piccolo continuum, non proprio strutturato come articolo o serie di articoli.
Vorrei costruire piccoli racconti che siano soprattutto discorsivi con chi ha voglia di leggermi.
Un modo di vedere le cose sotto un aspetto relativistico.

Con questa modalità molto colloquiale affronterò di diversi temi. Veri, concreti e assodatissimi nel sapere scientifico, ma sotto una luce informale, potendo così raccontare quello che normalmente non puoi sentirti dire perché manca il quadro completo delle cose.

Nella “Parte Uno” trovo particolarmente azzeccato l’argomento Adrenalina.

Ci sono molti concetti da spolverare e approfondire successivamente, secondo la vostra fame di informazione. Buon appetito!

 

Trattandosi di un ormone fondamentale per la quasi totalità delle nostre azioni quotidiane, è sempre presente a differenti livelli ematici, con alti e bassi notevoli e di rapido interscambio, espletando un’azione agonista o antagonista con qualsiasi altro ormone e molecola segnale del nostro corpo.

Ma un aspetto molto interessante di tale ormone è il suo comportamento criptico.

Il nostro corpo produce sempre tale ormone e sempre lo rilascia nel sangue quando necessario, ma il suo effetto nel corpo è mutevole.

Laddove l’adrenalina stimola cellule e tessuti, le risposte metaboliche non sono una sola, ma molteplici e con effetti ramificati in diverse zone del metabolismo.

Il primo e ben noto effetto è la veglia, ovviamente sotto una scarica di adrenalina vi svegliate, ma gli effetti secondari possono anche essere contrapposti a seconda della condizione metabolica in cui si trova il soggetto in analisi.

Uno dei primi paradossi è che gli atleti di alto/altissimo livello con i maggiori picchi assoluti di adrenalina durante l’allenamento sono quelli che hanno la risposta ipertrofica più alta.

Un altro aspetto molto bizzarro è che negli sport dove servono brevi ma intense scariche di adrenalina, è sorprendentemente frequente avere migliori prestazioni di quanto ci si attenda se – a ridosso di una gara – ci si ritrova più stanchi e con meno ore di sonno rispetto a quando invece ci si è riposati quanto si desiderasse fare.

Sicuramente vi è capitato di vivere in prima persona o sentirvi raccontare da amici che proprio quella gara dove si era arrivati troppo stanchi fu la gara migliore di molte altre.

L’ho sentito troppe volte anche io per non chiedermi il perché, e il perché c’è!

La differenza la fanno il livello basale di adrenalina, la mediana dei picchi durante l’allenamento e lo stato nutritivo del soggetto.

Il livello basale influenza la prestazioni dei picchi in allenamento, più il livello basale è basso e più i picchi sono proficui all’atleta.

 

Se l’atleta non ha bisogno di picchi ma di una secrezione costante, come negli sport di endurance, ad essere rilevante è il livello basale quanto lo stato nutritivo. Se invece servono picchi alti e brevi e lo stato nutritivo è meno restrittivo, le cose più importanti sono il livello basale di adrenalina e l’ipertrofia surrenalica.

In aggiunta a quanto detto finora, i singoli soggetti hanno differenti capacità di rispondere all’adrenalina: c’è chi reagisce sempre bene, chi spesso male e chi può beneficiare sia del bello che del brutto di tale ormone.
La maggior parte delle persone vive con la propria genetica nello stadio intermedio.

Il fenomeno delle oscillazioni di questo ormone acquisisce quindi un peso relativistico, ma importante: se ricercate la prestazione non può essere un fattore poco considerato, la differenza di resa spesso è notevole.
E in una gara conviene sempre non lasciare nulla al caso.