a cura di Amerigo Brunetti


Amerigo Brunetti – Foto per gentile concessione dell’autore: tutti i diritti riservati

 

E’ dalla prima elementare che sono in mezzo alla realtà agonistica.  15 anni di karate – di cui 5 in nazionale italiana – lasciano indubbiamente un segno. Di approccio, di mentalità. Voglia di capire come fa lui ad essere più forte.  Appena adolescente, vengo convinto ad entrare in sala pesi. La mia vita cambia. Sette anni dopo vinco i Nord Italia di natural bodybuilding – prima gara, preparata completamente da solo – e faccio 2° ad un camp. Italiano juniores che non ha più rivisto un livello medio simile di preparazione in quella categoria. Da qui un’ulteriore svolta: la passione diventa lavoro. Partendo da qualche semplice consiglio all’amico, questa voglia di capire come funzionano davvero le cose mi divora e ho la fortuna di conoscere alcuni tra i migliori natural a livello mondiale. Ragazzi mi chiedono di essere preparati. Capisco le dinamiche, mi scervello per capire come sia possibile che allenamenti apparentemente diversissimi possano portare a risultati di prim’ordine. Cosa li accomuna, alla fine? Studio. Ore. Vado a letto col cervello fulminato perché ci sono tre milioni di ormoni che gestiscono sodio e potassio, ma se voglio portare i miei atleti al 100% devo sapere come funziona.

Attualmente sono preparatore di agonisti e personal trainer, sempre più convinto che il mondo delle gare – quelle pulite però, altrimenti parliamo del nulla cosmico – sia la direzione verso la quale è necessario guardare per capire fino in fondo le dinamiche di uno sport. O di un non-sport, come alcuni definiscono la cultura fisica.


L’autore impegnato sul palco di gara – Musclemania 2010

 

Per un attimo, ripartiamo da zero. Facciamo finta di non aver speso centinaia di euro in manuali di bodybuilding, riviste, giornali con copertine debordanti di deltoidi a palla, di non aver frequentato corsi con l’intento di capire il segreto dei culturisti professionisti, quelli del BB “non natural”. Dimentichiamoci di essere stati ore davanti al pc a cercare le schede di allenamento di questo o quell’altro e di non aver visto e rivisto Coleman che fa squat, chiedendoci se fa gambe 1, 2 o 10 volte a settimana. “Ah, quindi il mercoledì fa un richiamo per i femorali”. Per non parlare degli studi letti su pubmed; che quando vediamo scritto “increased protein synthesis”  ci brillano gli occhi.

Semplicemente, osserviamo. Siamo seduti sulle gradinate del campo di atletica per la finale di lancio del peso, e non si può non vedere come la componente muscolare degli atleti sia esasperata all’ennesima potenza. Uno spessore della schiena da oscurare il sole. E le gambe sembrano due tacchini. E quelle dei weightlifters…? Vogliamo parlarne? Ventri muscolari pazzeschi e una qualità, una durezza uniche. Questi sono esempi della cosiddetta Ipertrofia Funzionale, funzionale poiché la si intende come “collaterale”, ottenuta non pensando ad essa come primario obiettivo. Funzionale nel senso che il muscolo cresce mentre io sto ricercando una prestazione.

Abbiamo molto da imparare da chi è grosso senza volerlo essere. Soprattutto se è testato dalla WADA mediamente 6 volte all’anno.

Una cosa che mi ha fatto davvero riflettere è che il concetto di hardgainer appartenga solamente al mondo del culturismo. Nell’atletica pesante non ve n’è traccia. Ogni soggetto avrà una risposta adattiva differente, ovvio, ma mai nessuno che resti con le gambe secche dopo 5 anni di squat fatto come Dio comanda. Garantito. Garantito anche se è un ragazzino.

Cosa accomuna weightlifters, martellisti, pesisti, discoboli e powerlifters? BUONI VOLUMI DI ALLENAMENTO, ALTA FREQUENZA e RICERCA DELLA MASSIMA TENSIONE MUSCOLARE.

Basta un minimo di capacità deduttiva per vedere come lo sviluppo muscolare sia correlato alla capacità che l’atleta ha di generare forza. ATTENZIONE, scrivo correlato, non parlo di causalità diretta.
Tutto fuorché la “classica” forza fatta per 4 settimane in 6×3, che poi la utilizzo per spingere di più nello squat a 20 ripetizioni… La forza nello sport evoluto va intesa come ricerca di coordinazione, capacità propriocettive, attivazione neuro-muscolare, come abilità nel passare da 0 a 100 cavalli nel giro di pochi decimi di secondo. Tutto ciò apre all’atleta culturista e al suo preparatore un panorama a dir poco innovativo e dona alla cultura fisica una dignità nuova, che la possa far diventare più simile ad uno sport, grazie ad una PROGRAMMAZIONE sensata. Possibile ci si continui ad allenare senza dare un occhio al passato e uno al futuro?

Il passato remoto: anni ’50 e ’60, ricordiamoci cosa facevano coloro che ottenevano risultati d’élite anche quando non si ci abbuffava di proteine e non c’erano paranoie su cortisolo e ricariche di carboidrati. I bodybuilder del tempo – naturali o con dosi infinitesime rispetto ad oggi – erano tutto fuorché pompatori. Andavano pesante. Esercizi base, cose semplici e ripetute nel tempo. Alta frequenza di stimolo per muscolo, anche 3 volte a settimana, aumento il peso quando riesco a farne 12, e riparto da 8, e così via… Di nuovo: VOLUME, FREQUENZA, ALTA TENSIONE MUSCOLARE.

Il passato prossimo: bisogna pensare a come mi sono allenato fino a ieri. Iniziare così, dal nulla, un nuovo programma, senza contestualizzarlo e senza capire come il mio corpo ha risposto nell’ultimo semestre agli stimoli che gli stavo dando…è controproducente. Passare di colpo da monofrequenza a squat 1500 volte a settimana ha lo stesso senso di finire i 100m, cambiarsi le scarpe e fare la maratona di New York. Arrivando ultimo in tutte e due le gare. L’acido lattico prodotto durante l’allenamento innalza a dismisura il cortisolo se il corpo non è stato preparato a gestirlo e soprattutto a smaltirlo. Dobbiamo cercare adattamenti, non polverizzare il muscolo mandandolo semplicemente in shock.

Il futuro: in che direzione voglio andare. L’evoluzione del corpo rispetterà i miei input. Più qualità,  ventri stondati, vascolarizzazione aumentata. Come vanno modulati i volumi e le intensità di lavoro, la DENSITA’ dell’allenamento durante l’anno e la stagione agonistica? Non vogliamo una prestazione pura, siamo culturisti, per cui non si possono fare le stesse identiche cose che fa un discobolo o un ginnasta. Sebbene questi ci insegnino comunque molto su come ottenere grandi volumi muscolari, le regole del gioco sono diverse. Il lavoro lattacido non può e NON DEVE essere eliminato totalmente; l’afflusso sanguigno e l’acidità che questo tipo di sforzo determinano sono di grandissima utilità per l’innesco della sintesi proteica, per le rotondità dei ventri muscolari, la vascolarizzazione, la ritenzione idrica intramuscolo, ecc…

Torniamo ai nostri gettatori del peso, ai lottatori greco-romani. Una cosa che mi ha sempre affascinato è vedere come in relazione all’allenamento e soprattutto alla forza dell’atleta la muscolatura abbia un “look” diverso. Non c’è niente da fare: il bodybuilder-pompo-e-basta per antonomasia ha muscoli stondati ma poco densi; sembrano letteralmente pieni d’acqua. Al punto da pensarli soffici al tatto. Il pesista l’esatto contrario. Il pesista sembra fatto di roccia anche se non è tirato. Perché ciò? Chi, per rispondere, ricorre alla distinzione tra ipertrofia miofibrillare e sarcoplasmatica cade in errore: come può la composizione interna di una fibra, seppellita da strati e strati di connettivo, capillari sparsi qua e là, da uno strato di adipe più o meno spesso e poi dalla pelle, influenzare l’apparenza del muscolo? Per capire come sia fallace questa considerazione, un’immagine che può semplificare l’idea è la seguente. Si prenda un pacco di spaghetti. Si rimuova la confezione e lo si rivesta con un palloncino. Da fuori, essendo quest’ultimo stretto, cosa vediamo? Vediamo dentro ad ogni spaghetto oppure vediamo il sacchetto che li ricopre? Cambia qualcosa se lo spaghetto è di farro, di riso o di grano normale?  Assolutamente no, da fuori la differenza non si nota. Per cui  non ci interessa se il nostro atleta ha le fibre farcite di glicogeno oppure solamente costituite da actina e miosina.
Il tessuto connettivo (in particolare l’epimisio, se vogliamo entrare nel tecnico) ha invece un’influenza ENORME sull’impatto visivo. Ma si sa, il connettivo si adatta solamente in funzione dello stress meccanico applicato al muscolo. E qui ritorniamo da capo: devo ripetere? VOLUME, FREQUENZA e ALTE TENSIONI. Forza utile sotto ogni aspetto. Dallo sviluppo all’estetica.

Il bodybuilding così come viene visto e praticato oggi ha risentito troppo dell’influenza di correnti oltreoceano che fanno del doping il loro cavallo di battaglia. Il dopato parte già col motore di una Ferrari. Non è detto che vinca, può fondere anche lui, ma 500m di vantaggio ce li ha sempre. Se siamo puliti davvero, sulla nostra Panda è necessario calcolare tutto, dalle sospensioni al filtro dell’olio. E dobbiamo andarci a prendere – sudando – quello che alla Ferrari è stato regalato dal concessionario. Parafrasando, il testosterone esogeno regala vantaggi incolmabili a livello di attivazione e quindi di potenza sviluppata, vedendo il natural costretto – se vuole crescere – a spendere tempo soprattutto in un’attività generalmente superflua al bodybuilder dopato: lo SVILUPPO DELLA FORZA.

Troppo spesso nel bodybuilding non si calcola niente, siamo tutti diversi, “fidati questa scheda funziona”, vale per te quello che non vale per me, sono sovrallenato, e infatti…Il livello medio è disastrosamente basso.

 

 

Note sull’autore

Amerigo Brunetti – Campione Nord Italia e Vicecampione Italiano 2010 Musclemania. Attualmente studente in Ingegneria Meccanica e Preparatore di Natural Bodybuilding.