a cura di Gialnuca Pisano

 

Sintomatologia ansiosa che insorge al momento di cimentarsi in una prova (lavorativa, sportiva, relazionale, sessuale, ecc…) di particolare significato personale. I sintomi causano il peggioramento o addirittura il fallimento della performance.

 

 

 

Un problema sicuramente comune, che limita non solo nella performance in gara ma anche durante gli allenamenti, mettendo l’atleta, anche dal punto di vista fisico, in condizioni non ottimali per allenarsi al meglio.

Ho notato che rende anche maggiormente esposti ad infortuni. Forse a causa dello stress generato.

La questione è anche molto soggettiva, caratteri diversi affrontano i problemi in maniera diversa (lo sport dovrebbe anche insegnare a gestire questo). Certi hanno un atteggiamento troppo spensierato, altri troppo ansioso. Entrambe le situazioni sono sfavorevoli alla prestazione. Come raffigurato nella curva di Yerkes e Dodson.

 

 

Oltre ad imparare a gestire lo stress in maniera equilibrato, ci sono determinate fattori da valutare direttamente per quanto riguarda l’allenamento, e voglio mostrarvi un metodo che ho sviluppato proprio per minimizzare l’impatto ansiogeno dell’allenamento senza ridurre minimamente di efficacia il lavoro svolto.

 

Iniziamo a vedere cosa è bene evitare e perché:

 

– Sovraccarico progressivo forzato:

Metodi come un 5×5 aumentando ogni allenamento di un poco i pesi.

Di fatto ogni allenamento è più faticoso del precedente e sempre più sfidante. Questo è sicuramente causa di stress e nel tempo l’allenamento verrà percepito come un dovere (un lavoro da compiere, da portare a termine) e non come un piacere.

Meno banalmente anche alternare protocolli come 6×4 5×5 4×6 per poi ripetere aumentando il tutto di un 3-5% per poi ripetere ancora aumentando di un ulteriore 3-5% presenta le stesse problematiche.

Il più estremo degli esempi è la “Smolov Squat Assault” routine.

 

– Test frequenti

Andare spesso a testare i massimali, specie se sugli esercizi da gara, è sicuramente fonte di grande stress psicologico (oltre che fisico).

L’esercizio da gara è percepito come quello importante. Quindi fallire o risultare in forma non ottimale è una paura. Magari velata, ma sempre presente.

 

– Il paradosso del metodo bulgaro: il metodo bulgaro consiste in testare il massimale tutti i giorni (o più volte al giorno su esercizi diversi) . Sembra strano, ma questo ha anche la funzione di limitare lo stress psicologico. Perché se è vero che testare i massimali spesso crea ansia, testarli SEMPRE ne crea molta meno. Perché anche se un giorno il massimale è decisamente inferiore non è percepito come un problema, un fallimento. Fa parte del programma: il giorno dopo lo si testa ancora, e ancora, e ancora…

 

Consigli per limitare lo stress psicologico e l’ansia:

1 Non cercate di battervi ad ogni allenamento. Cercate la prestazione nei test e in gara. L’allenamento serve per arrivare a fare i kg nel momento giusto. Di “campioni solo in palestra” è pieno il mondo.

2 Evitate test troppo frequenti, a meno che non abbiate molto margine di crescita, testare i massimali ogni mese, ad esempio, è sicuramente troppo. Non avrete il tempo materiale per migliorare e il cercare di farlo sarà solo sinonimo di ansia.

3 Non ripetete troppe volte lo stesso tipo di allenamento. Se così fate, inconsciamente, cercherete e spererete ogni volta di farlo meglio. Di avere sensazioni migliori. Ma questa speranza crea ansia e frustrazione in caso questo non avvenga (anche se ciò è del tutto normale e logico!)

4 Utilizzate delle piccole varianti sugli esercizi base o sulle tempistiche degli stessi (piccole per non andare a mutare lo schema motorio) e utilizzate vari protocolli con kg di volta in volta adeguati. Non ripetete lo stesso allenamento senza aver prima “dimenticato il feeling avuto”.

5 Non cercate un incremento forzato dei carichi se non prima di aver oggettivamente aumentato il massimale.

 

METODO DELLE PICCOLE VARIANTI

Consiste nel variare ad ogni allenamento l’esercizio svolto e/o il pattern di lavoro in modo tale da non subite l’effetto “ansia da prestazione” andando a ripetere un allenamento già svolto e ricercando così un miglioramento. Applicare piccole varianti in modo tale da non mutare lo schema motorio e mantenere una massima efficacia, sia da un punto di vista muscolare che tecnico e di attivazione.

Le variabili migliori applicabili sono catene o elastici in loading (incremento di peso) , facendo attenzione che queste non superino il 10% di peso rispetto al massimale. Altre variazioni, da utilizzare meno frequenti perché cambiano il timing dell’alzata, sono le modulazioni dei tempi di esecuzione; discesa lenta, fermo in basso o salita lenta.

Non consiglio elastici in deloading perché variano troppo il bilanciamento del carico rendendo troppo diverso (più facile) l’esercizio.

Per quanto riguarda la panca un’ulteriore variante è la board press. Da 2 a 6 cm. Non consiglio board più alte perché permetterebbero l’utilizzo di un peso eccessivo, troppo alto rispetto a quello gestibile normalmente, vanificando così il transfert sull’esercizio base.

Lo stacco con deficit, dove l’esecutore parte da una posizione sollevata di 2-8cm, rappresenta un’altra valida alternativa all’esecuzione canonica. Non consiglio altezze maggiori per le stesse motivazioni espresse in precedenza.

Sconsiglio invece lo stacco da sotto il ginocchio, o pinpull, in quanto i pesi sollevati e la meccanica del gesto sono troppo differenti dal movimento base.

Per chi sa usare l’attrezzatura da powerlifting, le fasce per le ginocchia e il corpetto sono considerabili delle ottime varianti. Idem la maglia da panca.

 

 

Capendo le logiche e le motivazioni del metodo basterà strutturare una progressione di allenamenti utilizzando variazioni di schemi di lavoro e varianti sull’esercizio adeguando di conseguenza il carico utilizzato.